Opere prime: Luchino Visconti

Redazione

Lucien Goldmann, docente e sociologo naturalizzato francese, consigliava ai suoi studenti di analizzare le prime opere degli autori che intendevano affrontare, per riconoscerne inclinazioni e velleità che nei lavori successivi tendono a venir nascosti. Nell’affrontare le prime opere di alcuni dei più grandi registi della storia italiana il tentativo è lo stesso: Visconti, Olmi, Pasolini e Bertolucci hanno lasciato nei loro primi film delle tracce di sé altrove occultate.

Nel secondo dopoguerra il cinema italiano fu al centro del mondo: erano gli anni del “Neorealismo”, un movimento culturale che benché non produsse mai un manifesto esplicito riuscì a tenere un discorso e uno stile coerente in tutti i suoi interpreti. La prima opera che fece parlare di questa corrente cinematografica fu “Ossessione” di Luchino Visconti, regista che sarà tra i principali interpreti del neorealismo.

La sua opera prima, distribuita nel ’43, era per i tempi, nuova fin dal soggetto. Inizialmente desideroso di adattare una novella di Verga, ma vistosi rifiutare il nulla osta dal Ministero della Cultura Popolare del partito fascista, il regista ripiegò ispirandosi liberamente a un romanzo americano, “Il postino suona sempre due volte”. Visconti usa il testo come trampolino per raccontare una torbida storia d’amore, legata a doppio nodo con la violenza e la morte.

Il manifesto del film “Ossessione”

Gino Costa è un vagabondo disoccupato, che un giorno arriva in uno spaccio nella bassa Padania, gestito da Giuseppe e Giovanna, sua moglie. Gino ne diviene l’amante e insieme trovano il modo di uccidere Giuseppe. Gino cade però in preda a profondi sensi di colpa, meditando di abbandonare Giovanna, fino a quando non scopre che è incinta. Nella fuga in macchina che segue questa scoperta entrambi troveranno però un terribile destino ad attenderli: un incidente provoca la morte di Giovanna, e permette ai poliziotti di raggiungere Gino, che intanto hanno individuato come assassino di Giuseppe.

In questa vicenda, oltre al canovaccio principale, a colpire sono i personaggi secondari: lo spagnolo, amico di Gino, dalla non esplicitata ma chiara omosessualità, che funge anche da simbolo del desiderio di Gino di essere libero di vagare, senza vincoli; Anita, prostituta innamorata del protagonista, che tenta di aiutarlo a fuggire, e che è capace di generare grande empatia in pochi minuti sullo schermo.

Ciò che più di tutto è notevole dell’opera, è senz’altro la maturità della messinscena: il campo e controcampo iniziale, del primo incontro tra Gino e Giovanna comunica con forza i sentimenti dallo schermo, riuscendo subito a creare un legame evidente tra i due personaggi; la gestione degli spazi, con la sapiente alternanza di quelli chiusi e aperti: Visconti con questi ultimi è capace di mostrare la bellezza dei luoghi del ferrarese e di Ancona, ma anche di portare avanti la narrazione sfruttando la luce che questi spazi aperti naturalmente accolgono.

In definitiva, un’opera prima storica quanto rivoluzionaria.

 

                                                                                                                                     Angelo Matteo

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