Parisio e il Futurismo

Redazione

E’ un aspetto spesso dimenticato della produzione del grande fotografo napoletano Giulio Parisio: la sua adesione al Futurismo.

Giulio Parisio nasce a Napoli nel 1891 e comincia a lavorare nel campo del foto-giornalismo di attualità per passare all’esperienza militare con il rilevamento fotografico aereo. Segue una spedizione scientifica in Dalmazia con ottimi riscontri in varie mostre a Napoli e in Italia.

Alla metà degli Anni Venti apre il suo Studio nel capoluogo partenopeo, sotto i portici della basilica di San Francesco di Paola, che sarà per sempre testimone del suo lavoro, riferimento per la città e diverrà storico. Successivamente si interessa alla fotografia etnografica, viaggiando in Italia alla ricerca di atmosfere del mondo del lavoro, cercando di cogliere l’uomo nei suoi momenti di “fatica”.

Macchina per il caffè

Nel 1926 apre la Galleria d’arte San Paolo insieme con Carlo Cocchia, che gli fa conoscere Filippo Tommaso Marinetti, creatore del Movimento Futurista, e vi aderisce con entusiasmo.

Se il ritratto fotografico d’arte è sempre stato molto apprezzato dalla borghesia napoletana, dandogli notevoli soddisfazioni economiche, quello che maggiormente gli ha regalato grande stimolo fu sempre la ricerca nel campo della fotografia artistica d’avanguardia. Passare al Futurismo il passo fu breve.

Nella sua finalmente libera ricerca, Parisio utilizza molti materiali diversi, dal cartone sagomato per una processione di suorine (“Uscita dal Convento”), ai collage, al legno e

Tazzine di caffè

all’uso di oggetti di impiego quotidiano (“Tazzine di caffè”), estrapolati dal loro contesto, dando in tal modo una nuova valenza quasi metafisica alle suppellettili.

Con gli scatti della lampadina volutamente fuori fuoco e delle macchine per il caffè espresso, fotografate tanto da vicino da perdere il loro significato di oggetto comune, li trasforma in figure astratte con richiami alle atmosfere che ricordano il Fritz Lang di “Metropolis”, in cui la macchina diventa viva.

Il Futurismo forse liberò Giulio Parisio dai vincoli della fotografia ufficiale in un momento politico molto limitativo e oppressivo, che accettava comunque il movimento, non come arte degenerata, ma come salto in avanti della modernità della rivoluzione fascista.

Negli Anni Quaranta e Cinquanta del XX secolo, l’artista si dedica prevalentemente alla fotografia industriale conservando ed applicando le esperienze avute con il Futurismo. L’uso quasi sfrontato di inquadrature dal basso di edifici industriali fecero molto parlare. Le immagini di alcuni reparti di lavorazioni (Olivetti e Cirio), in cui le angolazioni di ripresa esasperate creano geometrie inedite e quasi surreali, da semplici fotografie documentaristiche, si trasformano in opere d’arte astratta che riportano direttamente al linguaggio futurista, ben oltre l’effettiva vita del movimento.

Giancarlo Giacci

 

 

L’archivio fotografico Parisio onlus, guidata da Stefano Fittipaldi, propone nella sua sede in piazza del Plebiscito l’esposizione Composizioni futuriste: circa quaranta opere di Giulio Parisio.

La mostra è aperta gratuitamente dall’8 novembre al 24 dicembre 2018, (giovedì/sabato dalle ore 10.00 alle ore 15.00) e si affianca all’iniziativa promossa dell’assessorato alla Cultura del Comune di Napoli, Il Futurismo anni ’10 – anni ’20. Sessantaquattro capolavori (di Boccioni, Balla, Carrà, Severini) che raccontano venti anni della prima avanguardia italiana ed internazionale. Alla Cappella Palatina del Maschio Angioino, dal 19 ottobre 2018 al 17 febbraio 2019.

 

 

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