Pasolini, il sogno della tribù rivive al Tram

Renato Aiello

Nell’anno del centenario pasoliniano pare che proprio tutti in Italia vogliano celebrare il poeta friulano e appropriarsi, ognuno a modo suo, della poetica e del pensiero profetico espresso decenni fa. Anche politicamente, come dimostrato dal recente pantheon culturale esposto dal partito di un’area profondamente antitetica a quella Pasoliniana.

Chissà cosa avrebbe pensato il grande Pier Paolo di tutto ciò, storpiato tempo fa persino nella pronuncia del nome dalla Presidente del Senato. E chissà cosa penserebbe dei napoletani di oggi, l’adorata “tribù” immune – a suo dire – ai cambiamenti della modernità, protagonista di uno dei suoi film più famosi e discussi, nonché censurati: il Decameron tratto da Boccaccio e ambientato a Napoli. Un interrogativo posto dal regista Mirko Di Martino e dai suoi attori Nello Provenzano, Domenico Tufano, Angela Bertamino e Miriam Della Corte, in scena dal 5 al 15 maggio 2022 nella sala del Teatro Tram a Napoli con “Pasolini Napoli Decameron”, ultimo spettacolo della stagione.

Pasolini Napoli Decameron, una scena (foto di Daniele Carfora)

Ultimo ma non da meno, con le molteplici chiavi di lettura e gli spunti di riflessione offerti al pubblico. In una scenografia lignea piuttosto elaborata e insolita per la sala di Port’Alba, realizzata da Gilda Cerullo e dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, si muovono i quattro attori e gli innumerevoli personaggi delle novelle boccaccesche trasposte sul grande schermo nel 1971, adattate allo spirito partenopeo caro a Pasolini.

Una bella sfida quella di alternarsi nell’arco di un’ora, come riconosciuto dagli attori, nei panni dei frati alticci, delle suore gaudenti e del regista stesso, voce narrante per tutta la pièce. Corpi cangianti al pari delle voci e delle preziose sfumature dialettali, che si muovono, si arrampicano o si nascondono in una struttura di legno che è essa stessa il primo corpo della messa in scena: chiesa, convento, palazzo, bottega, praticamente ogni angolo di quella città rimasta idealmente pura, agli occhi di Pasolini, di fronte all’avanzata del consumismo che corrompeva il proletariato urbano. La drammaturgia diventa così occasione di indagine metateatrale e antropologica su un popolo nazione unico nel panorama dell’epoca, e soprattutto su un film in piena fase di scrittura e ripresa, destinato a fare la Storia del Cinema italiano.

 

 

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