Una poetica pantomima nella quale viene simulato il parto che dà vita a Felice Sciosciammocca, fa da prologo allo spettacolo Felice Sciosciammocca creduto creaturo ‘e n’anno, nell’adattamento e regia di Roberto Capasso, che l’ha portato in scena al Teatro Tram di Napoli per il debutto.
Giochi di luce, movimenti eleganti presentano i personaggi della pièce. Poco dopo siamo nella bottega da ciabattino di mastro Pulcinella. E qui comincia la storia. Stanco dello scarso lavoro, con a carico una figlia da marito e un neonato, l’uomo, litigioso, istintivo, insofferente è la maschera napoletana per eccellenza.
Della figlia s’innamora il signorino Sciosciammocca, ricco borghese di buona famiglia, con manie e tic, che vuole sposarla con il suo assenso.
Come in ogni buona farsa, naturalmente le sorprese, gli equivoci e i colpi di scena non mancano e in questa rielaborazione che Roberto Capasso fa del noto genere partenopeo, non viene meno nessun elemento tipico. L’autore, però, con l’intento di portare all’attenzione del pubblico di oggi, un repertorio antico, spesso considerato minore e ormai passato, compie un’interessante operazione. Nel rispetto della lingua e del messaggio delle farse di Antonio Petito ed Eduardo Scarpetta, cui si ispira, il primo considerato l’ultimo Pulcinella, l’altro il creatore del balbuziente Feliciello, li fa incontrare in una messinscena surreale, onirica, dalle tinte forti.
Sottolineata da musiche di Cimarosa, Donizzetti e brani jazz, la vicenda si svolge secondo le regole: i due giovani si sposeranno con il consenso del papà e con tanto di saluti finali al pubblico. Come gli spettatori di un tempo ricorderanno i vecchi attori (Totò, Croccolo e gli altri grandi del teatro che fu), Pulcinella e Sciosciammocca si accommiatano con l’inchino e con l’augurio di aver fatto ridere i presenti. Ma, ancora una sorpresa: Petito e Scarpetta (nati in anni diversi) si accapigliano per chi deve apparire per primo e ringraziare.
Una risata in più che vede in scena lo stesso Roberto Capasso con gli ottimi Nello Provenzano, Valentina Martiniello e Miriam Della Corte, che si muovono in un meccanismo perfetto senza sbavature, lungaggini o ripetizioni. Nei costumi di Sara Portolano, sulle scene di Giorgia Lauro e con il disegno luci di Tommaso Vitiello.
Lunga vita, dunque, alla tradizione drammturgica di Napoli, città capace di continuare a creare e a regalare nuovi artisti.