Finalista al premio Ubu 2015, arriva al Napoli Est Teatro (1 e 2 aprile 2017), Milite ignoto – quindicidiciotto, scritto, diretto e interpretato da Mario Perrotta. Selezionato da Eurodram – rete europea di traduzione teatrale come migliore novità italiana o ricerca drammaturgica, il testo è tratto da Avanti sempre di Nicola Maranesi e da La Grande Guerra, per il progetto I diari raccontano a cura di Pier Vittorio Buffa e Nicola Maranesi per Gruppo editoriale L’Espresso e Archivio Diaristico Nazionale.
“Milite Ignoto” parla del primo, momento di unità nazionale, delle trincee di sangue e fango in cui gli “italiani” si sono conosciuti e ritrovati vicini per la prima volta: veneti e sardi, piemontesi e siciliani, pugliesi e lombardi accomunati dalla paura e dallo spaesamento per quell’evento più grande di loro. Spaesamento acuito dalla babele di dialetti.
“Ho scelto questo titolo, – spiega Perrotta – perché la prima guerra mondiale fu l’ultimo evento bellico dove il milite ebbe ancora un qualche valore anche nel suo agire solitario, mentre da quel conflitto in poi divenne, appunto, ignoto. E voglio intendere “dimenticato”: dimenticato in quanto essere umano che ha un nome e un cognome. Una faccia e una voce. Nella primo conflitto mondiale, gradatamente, anche il nemico diventa ignoto, perché non ci sono più campidi battaglia per i “corpo a corpo”, dove guardare negli occhi chi sta per colpirti a morte, ma ci sono trincee dalle quali partono proiettili e bombe anonime, senza un volto da maledire prima dell’ultimo respiro. E nuvole di gas che coprono ettari di terreno e radono al suolo interi battaglioni senza un lamento. E aerei che scaricano tonnellate di esplosivo dal cielo e navi che sparano cannonate a centinaia di metri di distanza. Uno sparare nel mucchio insomma, un conflitto spersonalizzato in cui gli esseri umani coinvolti sono semplici ingranaggi della macchina della storia, del meccanismo che li ingoia e li trasforma in cose.
Come sempre accade nel mio lavoro. sono andato controcorrente e ho rivolto la mia attenzione verso le piccole storie, verso gli sguardi e le parole di singoli uomini che hanno vissuto e descritto quegli eventi dal loro particolarissimo punto d’osservazione, perché questo è il compito del teatro, o almeno del mio teatro: esaltare le piccole storie per gettare altra luce sulla grande storia”.