“Pojana e i suoi fratelli” dal Veneto a Napoli

Renato Aiello

Ciao, neoborbonici!”: ha esordito così Andrea Pennacchi sabato 2 aprile 2022 al Teatro Nuovo di Napoli per la prima serata del suo spettacolo “Pojana e i suoi fratelli”, approdato finalmente anche nel capoluogo partenopeo. L’appellativo preunitario fa leva sull’area semantica di appartenenza del suo personaggio, il mitico Pojana, protagonista da tempo delle sue tournee teatrali e soprattutto della fortunata trasmissione satirica di La7 “Propaganda live”, dove è ospite fisso di Zoro, alias Diego Bianchi, ogni venerdì sera.

L’ultraveneto Pojana, ricco padroncino con fabbrichetta, schei e armi nel cuore del Nordest italiano, altri non è che il leghista medio, passato attraverso trasformazioni e trasformismi, cambi di idee, posizioni e nomi di partito più numerosi delle felpe del suo attuale segretario politico. Sul palco dei Quartieri Spagnoli, accompagnato dai musicisti Giorgio Gobbo e Gianluca Segato, Pennacchi ha regalato un piccolo excursus sulla storia del Veneto e dei suoi abitanti, tra verità e accumulo iperbolico di popoli e dominazioni, fino al passato più recente, fatto di federalismo e Lega Nord, promesse di devoluzione mai mantenute e di autonomie sbandierate, indipendentismi padani e vagheggiati ritorni alla Serenissima. E “Serenissimi” fu proprio la definizione affibbiata dai mass media nella metà degli anni ’90 a un gruppo sovversivo, impropriamente etichettato come terrorista, che con il famigerato carro armato allegorico “Tanko” provò a rivendicare l’indipendenza della Repubblica di Venezia, occupando Piazza San Marco nel nome del Leone rosso e alato.

Da quell’episodio, e dalla sua recrudescenza nell’aprile del 2014 con il “Tanko 2” a Casale di Scodosia sull’onda del referendum russo in Crimea, nacquero i cosiddetti fratelli del Pojana: Edo il security, Tonon il derattizzatore, Alvise il nero e altri ancora, tutti accomunati dal sottile razzismo xenofobo, dall’ossessione per i soldi “ormai pari al metadone”, e dall’odio viscerale per le tasse. Maschere di un profondo Nordest, ricco e operoso, provinciale e un po’ ottuso, passato di colpo dalla miseria del dopoguerra al boom economico. Pojana in fin dei conti è solo un piccolo demone che fa sorridere a ogni argomento si presenti nel dibattito, che sia locale o nazionale, un povero diavolo non privo di saggezza, a modo suo: specchio di vizi (tanti, troppi) e qualche virtù che abitano dentro ognuno di noi.

 

 

 

 

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