Ci siamo appena lasciati alle spalle il mese di giugno, da sempre considerato quello dei gay pride che si tengono in tutte le città del mondo (e anche a luglio le parate si prolungano), e un film sta provando da settimane nelle sale a raccontare l’omofobia.

Prossimo tuo (Hotel Milano) di Pasquale Marrazzo è passato da poco in sala a Napoli al Cinema Teatro La Perla, e a settembre tornerà in quel di Mater Dei, ma già ha fatto parlare un po’ di sé sui social.
Tra storie instagram, brevi clip e il trailer si intravedono infatti i contorni dell’ennesima storia di omofobia e intolleranza, ancora striscianti in questo paese.
Fino a due anni fa si parlava di DDL Zan, e tre anni fa un attuale ministro pensò bene di capovolgere il problema, coniando il termine “eterofobia”, per sottolineare l’inutile e inesistente discriminazione nei confronti degli eterosessuali.
Eppure il vero nervo scoperto, la cicatrice aperta, la ferita viva resta la piaga dei soprusi, delle angherie e delle violenze che tristemente fanno capolino tra i fatti di cronaca.
Michele Costabile e Jacopo Costantini sono Riki e Luca, i due giovani protagonisti dell’opera di Marrazzo, napoletano di Sant’Antimo trasferitosi poi a Milano.

Una coppia gay dalle fragilità e dalle insicurezze tipiche di tutti gli innamorati, alle prese con paure, sogni e bisogni.
E soprattutto con l’ombra lunga e nera di una vecchia conoscenza di Riki, il bullo che farà finire Luca in ospedale – e in coma – per le percosse.
Camera a mano sempre in movimento e una regia “sporca”, ma necessaria al registro intimista, inseguono i pensieri di Riki, intento inizialmente a preparare il pranzo per il compleanno del suo compagno.
Il ragazzo, dal passato familiare turbolento e nemmeno privo di molestie in età infantile, non riuscirà a fare visita al compagno picchiato a sangue.
A impedirlo basteranno l’inerzia della sorella di Riki, l’impotenza di suo padre e la gretta intolleranza, farcita di fanatismo religioso, della madre.
Tra flashback del loro amore e degli incontri/scontri coi suoceri (in particolare con questa madre incapace di accettare l’omosessualità di Luca), si dipana una storia straziante di abusi psicologici e fisici.

La scelta di una macchina da presa libera, di una messa in scena decostruita e poco estetizzante, e di una fotografia senza filtri è funzionale, come spiega il regista nelle note di regia, alla costruzione di una vicenda umana mostrata nella sua più totale inadeguatezza e manchevolezza.
Un percorso, quello dei personaggi, indipendente come la produzione della pellicola di Marrazzo, distribuita da Zenit e prodotta da Noi Film.
Riki e Luca si amano tra difficoltà e gelosie, fanno l’amore con passione, si abbracciano, si cercano e si rincorrono, provano a convivere e a costruire un futuro insieme, nonostante tutto e tutti.
La banalità del male, però, avrà l’ultima parola, a dispetto del vissuto ingombrante di Riki e dei genitori invadenti di Luca.
Fino all’epilogo finale che lascerà tutti sgomenti.