Renato Carpentieri

Angela Matassa

Renato Carpentieri
Renato Carpentieri

Sarà in scena fino al 20 aprile al teatro Elicantropo di Napoli Disturbi di memoria di Manlio Santanelli, con Mario Porfito e Lello Serao, con la regia di Renato Carpentieri. Uno spettacolo che piace, che coinvolge il pubblico, che sembra di ordinaria quotidianità eppure nasconde una sorpresa.

Renato, quale? “E’ una storia nella quale si entra con simpatia. I protagonisti sono due cinquantenni, molto diversi tra di loro, che si rincontrano dopo anni, si raccontano la vita, le loro vicende. A poco a poco, però, appaiono delle lacerazioni, la situazione diventa meno idilliaca fino al balenare delle lame. Veri coltelli che si nascondono nell’apparente normalità. Credo sia il segreto dell’attualità di questo testo”.

Intanto, sei in tournée con “Operette morali” di Mario Martone. “Sì, è una bella operazione che ci ha portato in giro per il mondo e ci sta dando molta soddisfazione. Recito in sei delle quattordici operette scelte dal regista. Condivido con lui il progetto e contribuisco con la mia esperienza e le mie idee”.

La letteratura in scena è il terreno che ti è congeniale. “E’ vero e i risultati danno ragione a questo tipo di proposta. Il pubblico accoglie favorevolmente spettacoli che fanno riflettere. Leopardi, per esempio, è un grande perciò funziona sempre”.

Il progetto “Museum”, il museo mentale che hai inventato dodici anni fa partiva proprio dal rappresentare romanzi, ma non esiste più. Rinascerà? “Ma che dire? Non è arrivato più alcun finanziamento dalle istituzioni e Liberascenaensemble, la mia compagnia, non ha potuto continuare. Ma se ripartisse avrei già la scaletta pronta”.

Come vedi il momento attuale per la cultura? “Bene non stiamo messi. I altri piccoli gruppi fanno fatica ad andare avanti, non tutti i teatri prendono i fondi degli Stabili, le sale piccole chiudono dappertutto. A Napoli, poi, la situazione è sempre più grave. Qui c’è un monopolio, che non consente di entrare”.

La televisione ti ha dato molta visibilità. Come giudichi la qualità della programmazione? “Nelle prime serie, “La squadra”, dove ho impersonato il vicequestore Cafasso, era una fiction dignitosa. Informativa e, secondo me, anche educativa. Certe cose vanno dette e nel modo giusto. La Polizia ne usciva abbastanza bene, rispettava i diritti dei cittadini, la delinquenza aveva il suo ruolo”.

Credi che sia positivo per Napoli mostrare questa realtà? “Penso che qualcosa per Napoli bisogna fare, promuovere la cultura in mille modi”.

“Disturbi di memoria”, è andato in scena nella rassegna “Il teatro cerca casa”, come vedi l’iniziativa? “Mi sembra una buona idea. Nell’83 anche io rappresentai alcuni spettacoli negli appartamenti privati, prima lo aveva fatto Gassman. E’ positivo inventare nei momenti bui, mantiene viva l’anima del teatro e crea occupazione”.

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