E’ un artista che non ha certo bisogno di presentazioni, Mariano Rigillo, che torna a Napoli, in scena al Teatro Sannazaro (dal 17 al 19 marzo 2023) in I due Papi. Protagonista con Giorgio Colangeli (Benedetto XVI), l’attore partenopeo veste i panni del cardinale Bergoglio, alla vigilia della sua elezione a Papa, con il nome di Francesco. Con loro Anna Teresa Rossini, Ira Fronten e Alessandro Giova, diretti da Giancarlo Nicoletti.
Rigillo, lo spettacolo arriva dopo l’omonimo fortunato film, c’è differenza tra le due storie?
“La sceneggiatura cinematografica è la trasposizione del testo scritto da Anthony McCarten, per il teatro. L’unica cosa, non ripresa al cinema, ma esistente nell’originale, è la presenza di due suore, una giovane e la migliore amica del Papa”.

Una nuova compagnia per lei?
“Sì, nella quale abbiamo lavorato molto bene, con grande affiatamento. Inoltre, lo spettacolo è gradito al pubblico, che nelle poche rappresentazioni che abbiamo alle spalle, ha mostrato una forte partecipazione”.
Qual è l’aspetto dominante dei due uomini: quello religioso o quello umano?
“C’è soprattutto il coinvolgimento umano. Sono entrambi in crisi. Il conservatore Ratzinger sente che la fede gli viene a mancare (“Non sento più la voce di Dio”) e comprende che la Chiesa ha bisogno di una svolta. Bergoglio, dal canto suo, vista la piega che hanno preso le cose, dichiara di non sentirsela di portare il peso del ruolo. Inoltre, soffre del rimorso di aver stretto un rapporto con la Giunta militare argentina, per difendere l’ordine dei Gesuiti, ed è stato considerato un traditore. Il successo è legato proprio a questa trama: il pubblico non sa da che parte stare, poiché vive i drammi di entrambi”.
Lei, che è profondamente laico, come sente il ruolo?
“Questo non mi impedisce di considerare la positività di Benedetto XVI, il quale comprende che la Chiesa ha bisogno di riscatto e la necessità di essere guidata da un uomo che sia più avanti di lui. Io, come attore, mi sono posto le domande di tutti”.
E’ la funzione del teatro.
“Infatti, è importante che la scena offra informazioni dettagliate e veritiere, in modo da coinvolgere emozionalmente lo spettatore che, come si dice, entra in sala in un modo e ne esce cambiato”.
Lei è napoletano, appassionato e partecipe. Come vede oggi la sua città, sia sociale che artistica?
“Noto una buona crescita e mi piace pensare che la mia generazione abbia contribuito al miglioramento. Non c’è luogo in cui non se ne parli in maniera positiva. Ma solo perché la grande cultura di cui è ricca era nascosta ai più. Oggi, chi ne viene a conoscenza, non può che apprezzarla. Ma Napoli deve fare ancora molti passi avanti. Ci sono illusioni di bella teatralità, bisogna rappresentare anche i problemi, però secondo i modi del rito teatrale. Riempire gli spettacoli di contenuti e cercare la mediazione con il pubblico. Come fa Shakespeare: l’aspetto favolistico coinvolge lo spettatore, ed esaltando il comico nel tragico, lo emoziona e ne raggiunge l’anima”.

Ha rappresentato uno spettacolo su Ezra Pound, ora c’è in programma la tournée de “I due papi”. Quali sono gli altri progetti?
“Nella stagione in corso, mi è stata affidata la direzione artistica del Teatro Ciack di Roma. Uno spazio gestito da giovani, che si sono messi in gioco insieme con un vecchio attore come me. Abbiamo ospitato diverse compagnie e rappresentato “Sul lago dorato” con soddisfacente successo. Ora stiamo pensando con cautela al prossimo cartellone”.
Un’ultima, provocatoria domanda: il termine democrazia è diventato una parolaccia?
“Certamente no. E’ un sogno”.