Due anni di direzione artistica, che, nonostante gli stop che ben conosciamo, registra un bilancio che può essere considerato positivo. Roberto Andò, che dirige il Teatro Mercadante di Napoli, Stabile partenopeo, nonché Teatro Nazionale, ha fatto ripartire la programmazione forzatamente sospesa con successo ormai da mesi.
Direttore, questa nomina era un’aspirazione o è arrivata all’improvviso?
“Per la verità più volte mi era stata fatta la proposta, ma quando è capitato, avevo già altri progetti nei quali ero impegnato, come al teatro Biondo per esempio e non solo, per cui ho aspettato il momento giusto per entrambi e con piacere ho accettato due anni fa”.
Quanto conta l’ideologia personale nella scelta dell’offerta da proporre al pubblico?
“Niente per quanto mi riguarda. Purtroppo ci siamo trovati di fronte alla pandemia che ci ha fatto anche modificare e cambiare qualcosa, è stato necessario fare scelte essenziali. Mi sembra superato il momento di orientarsi secondo questa visione. Dare senso a un teatro pubblico è anche questo: avere un riscontro con la realtà. D’altro canto, noi non abbiamo mai lasciato gli spettatori con i quali abbiamo comunque tenuto sempre vivo il rapporto, grazie alla collaborazione con Rai 5 Cultura e attraverso i social”.
Lei è scrittore, drammaturgo, sceneggiatore, regista teatrale, cinematografico e d’opera. Ha preferenze?
“Riuscire a lavorare in tutti questi settori è un privilegio. Mi piace realizzare le mie idee. Se di preferenza vogliamo parlare, allora scelgo la scrittura”.
Che poi si può manifestare in diverse forme.
“Proprio così”.
La stagione che continua, la rassegna Pompei Theatrum Mundi che partirà fra poco, la collaborazione con il Campania Teatro Festival: un lavoro continuo. Ma lei fra i tanti ha un nuovo progetto che desidera realizzare?
“Sì. Si tratta di “Ferito a morte”, il celebre romanzo di Raffaele La Capria”.
Che quest’anno compirà cento anni. Diventerà uno spettacolo teatrale?
“Sì, e lo vedremo proprio al Mercadante.”
Che cosa è per lei il teatro?
“Credo che anche questo concetto sia cambiato. E’ un rapporto che si rinnova continuamente tra gli uomini e le loro domande. Prima i mediatori erano gli dei. Oggi il rapporto è tra l’attore e la domanda degli spettatori. Ed è proprio al sentimento dell’umano che quest’anno è dedicato il festival Pompeii Theatrum Mundi, al Teatro Grande del Parco Archeologico di Pompei, che si propone ancora una volta come luogo di meditazione e di spiritualità, di riconciliazione con il senso della vita al di là della morte, attraverso l’arte, il teatro, la musica, la commedia”.
(la foto è di Lia Pasqualino)