RONDINELLA, SORELLE D’ARTE

Maresa Galli

Francesca, Amelia, Clelia Rondinella non hanno più bisogno di essere presentate. Se l’arte ce l’hanno nel dna, figlie del grande Luciano, sono professioniste che onorano Napoli nel mondo. Loro l’impegno di divulgare la canzone napoletana e in primis la sua storia ai giovani; loro l’impegno di rendere tutta la modernità e la freschezza di celebri classici con arrangiamenti jazzistici ed etnici, con un suono pulito fatto di canto e pianoforte e di toccante interpretazione.

All’intervistaa di Enneti rispondono in coro Francesca e Amelia, con Clelia impegnata nell’attività di management e di regia degli spettacoli prodotti dalla loro società Antego.

Il vostro ultimo spettacolo, “Canto do mar”, ha fatto il tutto esaurito a Roma ed è stato un successo di critica e di pubblico. Un excursus tra i classici (Di Giacomo, Bovio) e i contemporanei (Daniele, gli Alma), passando per la musica ispanica e sefardita (“Adio querida”). Dopo i teatri lo porterete in tournèe estiva? Non pensate di farne un album?

“Canto do mar” rappresenta l’erranza, il musicista anima viaggiante, e perciò si apre con “Adio querida”. I musicisti che ci accompagnano in questo viaggio provengono dal jazz, dalla musica popolare e da quella classica. Clelia cura la regia dello spettacolo, che esordì lo scorso anno al teatro Cilea. Questa edizione è completamente rinnovata, più  minimalista. Completa il racconto la colonna visiva creata da Enrico Grieco. La colonna sonora va da Pino Daniele a Raiz degli anni ’90, quando il loro sound riuscì a creare la via nova. Speriamo di trarne dvd e album.Porteremo lo spettacolo in tournèe con date a Roma, in Toscana, in Emilia; contemporaneamente proponiamo il progetto di mini suite napoletana, pianoforte e voci, che è stato molto apprezzato negli spazi più raccolti”.

Veniamo al vostro Premio, il Girulà, tanto apprezzato per il valore culturale e di sostegno al teatro di ricerca, per dirla con Enzo Moscato. Lo scorso anno è stata anche istituita una sezione per promuovere giovani scrittori: la riproporrete nella nuova edizione? Quali le novità?

“ll Premio è in forse; non sappiamo ancora come, dove, quando si farà. Purtroppo non abbiamo proprietà da vendere come ha dovuto fare l’avvocato Marotta… C’è persino chi insinua che noi ci facciamo i soldi sul Premio! Non abbiamo mai avuto più di 10.000 euro dalle istituzioni; un anno abbiamo percepito la cifra risibile di 1.500 euro… Abbiamo fatto tre edizioni senza neanche le delibere e l’ultima ha stanziato appena 3.000 euro: come far sopravvivere la manifestazione? Stiamo pensando di indire una conferenza stampa proprio per cercare soluzioni. Si poteva, ad esempio, creare una legge ad hoc. Ci siamo stancate di pregare per tenere in vita quello che viene considerato l’Ubu vesuviano. E’ vero che in giro non c’è lavoro ma solo crisi, però credo anche che se ci fossimo attivate a Roma oggi la “Mater Matutae” dei premi sarebbe salva”.

Il vostro investimento è nella cultura, nella qualità: indubbiamente una scelta difficile.

“Dal ’97, con la Antego, non facciamo che investire. Non abbiamo mai voluto dare vita a spettacoli di cassetta. Gli ultimi eventi che ci hanno impegnato sono stati una scenografia veramente innovativa per l’Ippodromo di Agnano e coreografie originali per il Maggio dei Monumenti. Siamo felici quando la risposta del pubblico ci ripaga dei sacrifici. Recentemente abbiamo fatto un Pon alla scuola “Carlo Levi”, coinvolgendo venti mamme di Scampia. Abbiamo presentato un percorso scritto da noi sull’Unità d’Italia passando per Gramsci e Montanelli, con un viaggio musicale che va da “Terra mia” a “Fratelli d’Italia”, con letture da “L’ultimo viaggio di Sindbad” di Erri De Luca – metafora di emigrazione. E l’emigrazione è presente nei versi di “Terra mia”, nella docu-fiction “Io ricordo”, di Ruggero Gabbai. Tutte letture condivise con le mamme che hanno partecipato al progetto. Tante e coinvolgenti le canzoni per raccontare il “Sud” degli Almamegretta, per dire che  “Brigante se more” (Carlo D’Angiò/Eugenio Bennato) e concludere con una corale “Bella ciao”. Ecco, noi preferiamo lavorare in silenzio, impegnandoci in quartieri difficili che rispondono sempre con entusiasmo”.

Il vostro progetto “Di voce in voce”, ha appassionato gli studenti con lezioni di storia di Napoli e con l’interpretazione dei classici e non solo.

“Abbiamo totalizzato oltre cinquemila presenze con il progetto per le scuole. Il cinema Filangieri era stracolmo! Si tratta di concerti-lezioni ai quali hanno partecipato tante scuole della Campania, in primis licei artistici, scientifici, tecnici. I ragazzi si sono appassionati ai canti del ‘500, alle villanelle, ai versi di Di Giacomo fino alla lezione di lingua. Sono rimasti colpiti dalle interpretazioni fatte solo di piano e voce, comprendendo che la canzone napoletana va interpretata senza orpelli”.

Avete partecipato a tante trasmissioni radiofoniche e televisive: ne ricordiamo qualcuna?

“Ricordiamo con piacere un’approfondita intervista rilasciata a “Mizar” di Raidue. Il servizio giornalistico è stato fatto dopo il concerto – la caporedattrice alla Cultura ha voluto prima vedere lo spettacolo, un fatto molto bello. E poi, venire intervistate dopo Dalla e De Gregori!… Ancora, il Tg de La7, che ci ha collocate tra Shakira ed Elton John! Anche da Marzullo, ad “Applausi”, abbiamo avuto un bello spazio. Alla radio le nostre canzoni sono state trasmesse da “Fandango”, da “Rolling Stones” web magazine, e tanti altri in occasione dei nostri concerti all’Auditorium della Musica e presso la Sala Umberto di Roma”.

 Nel vostro repertorio non poteva mancare Renato Carosone, sempre attuale, inesauribile fonte di ispirazione. Rivisitate classici e autori d’avanguardia per raccontare la storia della canzone napoletana d’autore.

“Abbiamo partecipato al Premio Carosone, che è di ottimo livello. Ci sono oggi gruppi e interpreti notevoli, da Canio Loguercio a Maurizio Capone, ‘A67 e Maria Pia De Vito, Alan Wurzburger e gli Alma. Napoli è sempre molto vitale. La chiave di lettura della sua musica è quella del rispetto che nasce dallo studio dell’epoca storica, dalla comprensione dei suoi valori. E gli attuali cantautori hanno ancora voglia di raccontarla”.

 

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