“Rumba” di Ascanio Celestini al Teatro Nuovo

Maresa Galli

Al Teatro Nuovo di Napoli, dal 14 al 17 novembre 2024, va in scena il nuovo spettacolo di Ascanio Celestini, “Rumba. L’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato”.

Il testo è dello stesso Celestini, anche interprete e regista del monologo. In scena con lui Gianluca Casadei che si alterna alla tastiera e alla fisarmonica.

Le immagini dipinte che fanno da sfondo alla narrazione sono di Franco Biagioni. Il suono è di Andrea Pesce e le luci di Philip Marocchi.

L’INCONTRO

Un gruppo entusiasta di spettatori è accolto da Celestini all’ingresso del Teatro Nuovo, che dialoga sulla vita di San Francesco.

L’autore/attore anticipa e coinvolge, fantastico affabulatore, nello spettacolo raccontandone le motivazioni, i luoghi dove ha vissuto il “Poverello”, le contraddizioni del Cristianesimo, la vita dei frati “minori”, di messaggio puro e di secolarizzazione.

Celestini in scena

IL RACCONTO

Quante sono le stelle nel cielo? Così tante che non si possono contare. Quante sono le stelle nel cielo? (…) Così tante che non si possono contare e neanche vedere tutte quante.

Con questa poetica e mantrica frase Celestini inizia e termina il suo immaginifico racconto, nel suo stile di grande narratore, ironico, divertente, profondo.

In una scena spoglia, un fondale colorato con figure che illustrano alcuni momenti della vita di San Francesco, ricorda i cartelloni usati dai vecchi cantastorie girovaghi.

Chi sono gli ultimi di oggi? In quali si riconoscerebbe il frate fattosi servo dei poveri nel 1200, lui che inventò il presepe a Greccio, luogo povero abitato da poveri, lui che si spogliò di tutte le ricchezze e predicò la pace persino durante le Crociate.

Così Celestini, mentre narra le vicende del Santo, incrocia le storie resilienti di “poveri cristi”, (il suo libro che uscirà a breve si intitola proprio così).

Ci sono Giobbe, magazziniere analfabeta che vive nel negozio diventato il suo universo. C’è Joseph, che ha lasciato l’Africa, prima schiavo in Libia e poi vittima di un naufragio, oggi incarcerato in Italia. Infine, facchino, barbone che chiede l’elemosina nel parcheggio di un supermercato. C’è lo zingaro che fuma solo, alienato in una piazza davanti al bar.

E sì, sono sempre loro, gli zingari, quelli che rubano, che fanno violenze, che non vogliono fare niente, che non pagano neanche gli affitti nelle loro catapecchie di plastica…Si crea un senso di attesa, con i personaggi che scendono nel parcheggio, nella notte di Natale, per attendere l’arrivo dei pellegrini e fare qualche soldo.

I pellegrini non arriveranno mai. Betlemme come Greccio o come un anonimo parcheggio in periferia. “Vi hanno ammazzato, dimenticato e non siete nemmeno diventati cattivi”, commenta l’attore.

Gli invisibili così ben dipinti da Celestini sono quelli che ci imbarazzano con la loro miseria, con le loro storie tristi. Cosa ha imparato l’umanità in ottocento anni? Ci sono ancora tanti ricchi e tanti poveri, tanta violenza e guerre, tanta ingiustizia e indifferenza, eppure non siamo più nel Medioevo… “Dobbiamo ripartire dagli ultimi” per costruire un mondo migliore.

 

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