
A Napoli debutta al Teatro Diana Una festa esagerata!, la nuova, bella commedia scritta, diretta e interpretata da Vincenzo Salemme che ha raggiunto il record di oltre 18.000 spettatori in tre settimane di permanenza al Teatro Sistina di Roma. Uno spettacolo divertentissimo, con un cast di ottimi attori perfettamente in parte, con un regista/interprete carismatico e stupefacente. Eppure, come sempre nelle commedie di Salemme, il momento drammatico, grottesco, consente un’amara ma giusta riflessione sul malcostume, l’egoismo, la superficialità e la follia collettiva di quest’epoca.
“Una festa esagerata!” – spiega l’autore – nasce da un’idea che avevo in mente da tempo, uno spunto che mi permettesse di raccontare in chiave realistica e divertente il lato oscuro e grottesco dell’animo umano. Non dell’umanità intera ovviamente, ma di quella grande melassa/massa dalla quale provengo, quel blocco sociale che in Italia viene definito “piccola borghesia”. Volevo parlare delle cosiddette persone normali, di coloro che vivono nascondendosi dietro lo scudo delle convenzioni, coloro che vivono le relazioni sociali usando il codice dell’ipocrisia come unica strada per la sopravvivenza. Ognuno trova sempre una buona ragione per odiare l’altro. Ma quel che temo ancora di più è l’odio che si nasconde dietro il velo sorridente della nostra educazione. Il buio del nostro animo spaventato. La viltà dettata dalla paura. Il sonno della ragione. Spero che questa commedia strappi risate e sproni al dialogo”.
La storia è quella dei preparativi di una festa importante in occasione dei diciotto anni di Mirea (Mirea Flavia Stellato), figlia di Parascandolo, fidanzata con Alberto (Sergio D’Auria). La moglie Teresa (Teresa Del Vecchio), preoccupata solo dell’ascesa sociale, dei bei vestititi, dell’apparire, si agita per la buona riuscita dell’evento mondano mentre nell’appartamento sottostante muore un anziano condomino. Scoppia il dramma di dover rinviare la festa causa lutto.

Tanti personaggi strani animano la storia: Aztoka (Vincenzo Borrino), il cameriere puteolano che si finge indiano per poter lavorare; l’invadente e ignorante portiere (Antonio Guerriero) e Don Pasquale (Nicola Acunzo), il parroco dallo strano dialetto e dalla filosofia spicciola di vita, cercano di dare una mano, ingarbugliando la situazione. Don Giovanni cercherà di far rinviare la dichiarazione di morte dell’anziano Giovanni (Giovanni Ribò) convincendo la figlia Lucia (Antonella Cioli) che in realtà, zitella inacidita, brama il malcapitato e vuole fargliela pagare.
Si ride fino alle lacrime ma si riflette amaramente su cosa sia diventato un certo tipo di famiglia, tutta arrivismo sociale, vuota immagine, incomunicabilità. L’omaggio di Salemme va ad Eduardo, dirimpettaio al quale Don Giovanni porge i suoi saluti affacciandosi al balcone (“Questi fantasmi”), e nel finale nel quale risuona la voce di Eduardo e la sua frase celebre “te piace ‘o presepio”, a conclusione della pièce, quando il protagonista è ormai sopraffatto dagli eventi, come Luca Cupiello. Il condominio è metafora del mondo, ipocrita, falso, sordo al dialogo, nel quale odiamo la felicità altrui e abbiamo perso di vista i valori fondanti il vivere civile. Ridendo si mettono a nudo scottanti verità.
Un lavoro da non perdere.