
ADDIO A LEONARD COHEN, ELEGANTE SONGWRITER
“È con profonda tristezza che diamo notizia della morte del poeta, compositore e artista leggendario Leonard Cohen, Abbiamo perduto uno dei visionari più prolifici e rispettati del mondo della musica”, scrive il discografico della Sony Music Canada di Leonard Cohen, per Lou Reed il “cantautore più grande e più influente”.
Ieri sera si è spento il celebre artista, 82 anni di grande scrittura, musica, poesia, arte come leit motiv di una vita insieme bohemien e ascetica, fisica e spirituale, intensa e unica che ha lasciato il segno. Si può paragonare a Bob Dylan per la cura e la profondità dei versi, per la scrittura che ha spaziato dalle liriche (“Let Us compare mythologies”, “The spice-box of earth”, “Flower for Hitler”) ai romanzi (“The favorite game”, “Beautiful loser”) ai disegni.
Leonard Norman Cohen nasce a Montréal, in Canada, nel ’34. Studia letteratura e si dedica dapprima alla poesia, ispirato da Federico García Lorca, tanto da chiamare suo figlio Lorca. Dopo anni di intensi reading, pubblica il suo primo album, “Songs of Leonard Cohen”, nel ‘67. La sua prima canzone famosa è “Suzanne”, cantata e ispirata dall’artista folk Judy Collins l’anno prima. La folk-singer è la sua amata musa assieme a Joni Mitchell, Sharon Robinson, Jennifer Warnes e Anjani Thomas. Album imprescindibili “Songs from a Room”, “Recents songs”, “Various positions”, “I’m Your Man”, “The Future”, “Bird on the Wire”, fino all’ultimo, cupo “You want it darker” di quest’anno. Successi quali “I’m Your Man”, “Hallelujah”, cover reinterpretata con classe da Bob Dylan, John Cale, Jeff Buckley, Rufus Wainwright, Bon Jovi, KD Lang, “Avalanche”, “Sister of Mercy”, sono piccolo perle di songwriting che rimarranno nella storia della musica. Hallelujah racconta tutta l’ambiguità della sua poesia, ironica e dissacrante ma addolcita da una melodia che ne fa un inno sacro. Canta i sentimenti profondi, amore, odio, oscurità, estasi, depressione, guerra, religione e politica – le grandi domande dell’uomo alle quali non è facile rispondere. Anche lui, come Dylan, ha avuto decadi di successo e ha influenzato le generazioni a venire. Sono state realizzate oltre duemila cover delle sue canzoni, da artisti quali Tim Hardin, celebri cantanti del rock, pop, country, r’n’b quali U2, Elton John, Sting, Trisha Yearwood e Aretha Franklin. “You want it darker” è un canto funebre che riporta Cohen alle sue radici ebraiche: “Hineni, hineni – Eccomi signore, sono pronto” – recita un verso che avvicina David Bowie a Cohen: come il Duca Bianco anche lui sentiva che stava per lasciare la terra, uscendo di scena con un ultimo, oscuro album. Sin dagli Anni Sessanta ha lavorato come compositore per l’industria cinematografica e televisiva: la sua più importante collaborazione è stata per il film “Assassini nati”, di Oliver Stone, in cui la cinica “The Future” è il leit motiv.

Trasgressivo, libero, refrattario al matrimonio, sperimentatore di droghe e vicino alla cultura hippy negli Anni Sessanta, legato al mondo del Greenwich Village e alla Grande Mela, subisce l’influenza di Andy Warhol e dei Velvet Underground con Nico. A fasi alterne si ritrova ora mistico ora trasgressivo, senza mai abbandonare la scrittura e soffrendo per gran parte della vita di depressione. Se negli Anni Sessanta si ritira sull’isola greca di Hydra, quasi da eremita, per rinchiudersi in un monastero buddista in California (prendendo il nome di Jikan, Silenzioso) negli anni Novanta, si trasforma in monaco zen dopo aver recuperato le sue radici spirituali ebraiche.
Vincitore di numerosi premi e onorificenze, fa parte della Rock and Roll Hall of Fame, della Canadian Songwriters Hall of Fame e della Canadian Music Hall of Fame. È insignito del titolo di Compagno dell’Ordine del Canada, la più alta onorificenza. Nel 2011 riceve in Spagna il Premio Principe delle Asturie per la Letteratura. Forse avrebbe meritato anche lui il Premio Nobel per i suoi magnifici versi. “Quando la gente parla di Leonard Cohen”, ha affermato Bob Dylan, “si dimentica di ricordare le sue melodie che, secondo me, insieme alle parole che scrive, sono il suo tratto più geniale”. Con i suoi album toccanti, dalle sonorità prima acustiche poi via via più elettroniche, cuciti su versi raccontati dalla sua voce roca, baritonale, malinconica, profonda, “voce di rasoio arrugginito”, ha influenzato artisti famosi, quali

The House of Love, Ian McCulloch, Pixies, That Petrol Emotion, Jean-Louis Murat, David McComb & Adam Peters, R.E.M., Lloyd Cole, Robert Forster, Peter Astor, Dead Famous People, Bill Pritchard, Fatima Mansions, Nick Cave and the Bad Seeds e John Cale. In Italia è stato tradotto da Claudio Daiano e da Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, Luigi Grechi, Francesco Baccini, Enrico Nascimbeni, Stefano Cisco Bellotti. Roberto Vecchioni, nel suo album “Milady” include la canzone “Leonard Cohen” e Ornella Vanoni lo interpreta con classe. In silenzio si è spento, dopo aver attraversato gli anni sapendo svoltare, convinto che solo l’amore abbia il potere di cambiare gli uomini. In fondo, dopotutto, non così cupo. “E anche quando sarò andato”, canta, “mi sentirai ancora, ti parlerò dolcemente da una finestra nella torre della poesia”.