Hanno scelto una sorta di miniaturizzazione per parlare delle grandi questioni che riguardano l’uomo. Luca Zacchini e Francesco Rotelli, con Giulia Zacchini, l’autrice, sono Gli Omini, una singolare compagnia teatrale, che ha scelto un metodo insolito e unico per raccontare storie. “Minuscole scene di minuscoli personaggi, – dicono – per ricostruire un’Italietta in miniatura, tutta abitata dai più piccoli”. Saranno in scena l’8 aprile 2023 al Teatro Civico 14 di Caserta con “Trucioli”,
Luca, quando e come nasce l’idea?
“Abbiamo cominciato nel 2006 per il bando Scenario e siamo andati avanti. Cercavamo un modo diverso di fare teatro. Pensiamo che partendo dal piccolo si possono considerare i macro problemi. Abbiamo cominciato dai paesi semisconosciuti, periferici, considerati poco importanti, in cui il minimo comune denominatore è sempre l’uomo”.
Insomma, una ricerca che sa di filosofia e antropologia?
“All’inizio era un modo per fare quel che ci piaceva, tenendo conto delle miserie nelle quali viviamo. Era un modo per realizzare qualcosa anche senza uno spazio teatrale e altri elementi”.
E’ un lavoro di attenta osservazione, dunque, che diventerà spettacolo?
“Noi le chiamiamo indagini. Il lavoro che svolgiamo non si vede quando andiamo in scena, eppure è materia delle pièce”.
La pausa pandemica vi ha consentito nuove riflessioni?
“Non ci siamo mai fermati, anzi abbiamo scoperto un modo nuovo di proporre le nostre storie, creando un ascolto mobile e, con una squadra di ripresa, abbiamo creato brevi documentari, visibili sulle piattaforme online, con il titolo di “Posto di sblocco. Abbiamo sperimentato un mezzo mai utilizzato, che ha allargato la platea di fruitori”.

Ma come reagiscono gli spettatori?
“Molto bene. Quando rappresentiamo in teatro, si riflettono come se fossimo uno specchio e si sente un piacevole parlottio, che però non disturba. Si crea comunicazione, scambio, un rapporto caldo. E questo ci fa capire che il teatro ha ancora un senso”.
Per le vostre indagini vi date dei temi?
“No. Non abbiamo domande specifiche, nessun obiettivo, né giudizio o messaggio. Si tratta di testimonianze, diventa una carrellata d’incontri che io e Francesco Rotelli portiamo sulla scena con i testi scritti da Giulia. Interpretiamo fino a trenta, quaranta personaggi”.
Nello spettacolo, ovunque si rappresenti, coinvolgete gli spettatori direttamente?
“Sì, nella seconda parte presentiamo quaranta “trucioli” (le storie) e ne facciamo estrarre alcuni, che poi si concretizzeranno davanti agli occhi di tutti. Anche se sembrano cose da niente, i trucioli non vanno dispersi, ma raccolti per poter essere riutilizzati. Per sentirsi tutti insieme e meno soli. Per ridere. Per riscaldarsi e sporcarsi sotto una cascata di trucioli”.
Avete girato dal Veneto alla Basilicata, passando per la Toscana e il Lazio, la reazione è la stessa?
“Dovunque, le persone si lasciano coinvolgere perché presentiamo storie spesso comuni: dal bambino piccolo al vecchio centenario”.
Migliaia di incontri casuali, di racconti, di lingue inconsuete. Diventeranno un libro?
“L’idea c’è”.
E a Napoli quando verrete ad indagare?
“Speriamo presto”.