Non poteva avere un titolo più efficace lo spettacolo portato in scena al Teatro NEST di Napoli, da Cristina Donadio, accompagnata dai suoni di Maurizio Capone.
S’intitola, infatti, Storiacce la pièce che l’attrice propone nei teatri. “Va fatto – dice – anche se è dura, di certe cose non bisogna smettere di parlare”. Lo spettacolo è tratto da “I figli degli altri” di Rosetta Cappelluccio, diretto da Raffaele Di Florio.
E lei lo fa, recitando magnificamente così che lo spettatore, dopo averle ascoltate, ne esce come se avesse ricevuto un colpo al cuore. Sia si tratti di Marinella o delle sue amiche bambine. Di Gennaro o dei lupi come lui, dal palco arriva l’urlo per l’orrore perpetrato da uomini malati, che rubano l’innocenza a ignare bambine in fiore. Per quattro spiccioli o una Coca cola “che rinfresca” come premio. Spesso con la connivenza di madri senza scrupoli.
Tutti ricordiamo la vicenda di Bibbiano, divenuta uno scandalo per interessi politici e privati di uomini e partiti. Casi che hanno coinvolto bambini, assistenti sociali, genitori adottivi o affidatari, in una storia che ha dell’inverosimile, gonfiata all’eccesso e poi dimostratasi tale. Fatti reali che superano perfino la fantasia.
Pochi oggetti in scena: le Barbie tanto amate dalle bimbe. Uno studio privato, l’angolo in cui Maurizio Capone lancia suoni e rumori che nascono da materiali riciclati divenuti strumenti. La voce dell’artista risuona e colpisce al petto per quell’infanzia violata, senza difesa.
Un veicolo, la voce, che diffonde meglio delle cronache quotidiane. Una partecipazione dell’artista alla vita sociale, una forma di cittadinanza attiva, amplificata dal ruolo del teatro. In uno spazio come il NEST, che ha fatto del riscatto e della legalità il suo programma artistico per il territorio.
La Donadio si sdoppia: nell’angolo, seduta nello studio dà voce alla psicologa che esamina i fascicoli di bambini stuprati o uccisi che registra episodi e conclusioni. E poi, in proscenio, diventa la giovane vittima, che racconta in prima persona la propria triste storia di abusi e violenza, che le segnerà l’esistenza.
Lo spettacolo si chiude nel nome di Maria Montessori, prima voce Maestra dell’educazione infantile moderna.