Nero di lutto e rosso sangue per le scene e i costumi ideati da Renato Lori con Gilda Cerullo, per lo spettacolo Ordinaria violenza di Fortunato Calvino, che ha debuttato al Teatro La giostra/Speranzella81 di Napoli.
Un interno familiare: la camera da letto, teatro di stupro e sopraffazione, un angolo con tavolo e sedie, una pedana, elemento di separazione fisica e temporale. E’ la storia di una coppia male assortita, con tre figli a carico, vittime del dopoguerra e della fame, in cui domina la gelosia di un marito malato, padre indifferente e nullafacente. Anna, la moglie maltrattata, lo giustifica agli occhi di tutti, figli e famiglia, rappresentata qui dalla sorella Elena che la spinge inutilmente a denunciare l’uomo. Ma lei lo perdona e lo giustifica: “è colpa della guerra, lui mi ama e io lo amo”.
La regia gioca su due piani temporali: il presente oscuro e doloroso, e gli anni del conflitto, in cui le signorine, “lì sopra”, soddisfacevano i bisogni di uomini e soldati, al riparo dai bombardamenti. “Te si’ scurdato ca m’e miso tu là ‘ncoppa?”, rinfaccia la donna al marito che le dà della puttana, la riempie di botte, lividi e ferite.
Un testo dal sapore eduardiano, – echi che si ritrovano anche in altri lavori di Calvino – che affronta più di un tema: oltre alla violenza fisica e psicologica (“tu si’ ‘nu buco, ‘na fossa”), l’autore inserisce quello dei figli in vendita e non manca un accenno alla pedofilia.
Una storia forte, recitata tutta in un napoletano attuale, la lingua vera dei Quartieri, della Napoli misera e oscura; una nuova denuncia della condizione in cui si muovono personaggi sconfitti e che non lascia spazio alla speranza.
Roberta Serrano, Laura Borrelli, Luigi Credendino e il giovane Antonio Clemente danno voce ai personaggi di una vicenda raccontata per quadri e flash-back, non del tutto risolta, ma che forse troverà completezza negli altri due testi che compongono la trilogia dedicata alla violenza contro la donna che il drammaturgo partenopeo ha pubblicato ma non ancora rappresentato.