Umorismo e spiritualità

Angela Matassa

“Lo spettacolo prende il titolo da uno dei racconti che ho scelto per portare all’attenzione del pubblico la storia della cultura yiddish”, dichiara

Moni Ovadia
Moni Ovadia

Moni Ovadia, in scena dall’11 al 13 gennaio al teatro Bellini di Napoli con Il registro dei peccati, monologo da lui scritto, diretto e interpretato.

Un lavoro che conduce ormai da anni, di che cosa parlerà in particolare?

“Del khassidismo, una spiritualità semplice e contemplativa della diaspora ebraica dell’Est europeo. Questo racconto mostra la grandezza di una sapienza non moralistica, priva di giudizio, ma alla ricerca della leggerezza e dell’indulgenza per l’uomo. C’è poi un altro testo “Il buon ateismo”, molto divertente. Ci si domanda: se non credi in Dio e un uomo viene a chiederti aiuto perché gli consigli di affidarsi al Signore? L’unico che può aiutarlo sei tu”.

La solita ironia, peculiare della cultura yiddish e dei suoi spettacoli.

“Quello che propongo al pubblico, infatti, è un viaggio attraverso la parola, il canto, l’umorismo per avvicinarlo a un mondo molto meno lontano da noi di quanto si creda. Ha avuto esponenti illustri da Kafka a Freud a Marx, e ancora oggi l’ottanta per cento dei comici americani è di discendenza ebraica europea”.

Anche la musica è un elemento tipico.

“Sì. In questo monologo alle parole affianco alcune melopee, canti liturgici e paraliturgici, restituendo al suono il ruolo originario di espressione dell’interiorità umana, era un mezzo poderoso di spiritualità, così come il racconto aveva un forte ruolo pedagogico”.

In teatro si raccontano storie.

“Certamente il teatro è un grande spazio per la narrazione, e ha recuperato in parte il ruolo della tradizione orale, una risorsa straordinaria per portare notizie, per comunicare, per trattenere i bambini. E’ uno dei pochi luoghi, in cui si può parlare di verità, attraverso la pietas, perché quella della politica è menzogna, quella dei chierici opprime”.

Ritiene che oggi la cultura yiddish sia abbastanza conosciuta?

“Il processo di conoscenza non si esaurisce mai e ogni generazione dà il suo contributo. Certamente rispetto a venti anni fa qualcosa è cambiato, ma certo non è nota a livello universale. Come non lo è nessuna. Vogliamo parlare della canzone napoletana? Si dice che sia diffusa ovunque, ma io credo che siano davvero poche le persone che vanno oltre “‘O sole mio” e “Torna ‘a Surriento”, eppure si tratta di un repertorio ricco e sconfinato”.

Girando per il mondo, coglie ancora qualche forma di discriminazione verso il popolo ebraico, la sua cultura, il suo pensiero?

“L’antisemitismo è presente in forme blande come il pregiudizio e forme aggressive, ma è piuttosto sotto controllo perché lontano dai centri del potere e dell’informazione. Ci sono, invece, altri tipi di razzismo molto gravi, come quello verso i Rom, verso tutti gli stranieri, soprattutto se poveri”.

 

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