Sulla scena un interno familiare. Piuttosto un insieme di cose: oggetti sparpagliati, abiti appesi, un televisore, un tavolo, insomma quelli della vita quotidiana. In un angolo, però, c’è, molto curato, un altarino dedicato alla Madonna, lo spazio in cui la protagonista s’inginocchia per pregare e ascoltare i buoni consigli della Vergine, per poter andare avanti nella vita.
E’ la scenografia di Nirifumo – la poesia dei maltrattati, di Martina Zaccaro, autrice, regista nonchè interprete con Claudia Cimmino, dello spettacolo che si è tenuto il 13 e 14 luglio 2022, al Cineclub Teatro Materdei, nell’omonimo quartiere partenopeo. Scrigno di memorie cinematografiche, ricco di manifesti, pellicole, fotografie d’altri tempi, recuperato dal proprietario, Alberto Bruno, e da poco riaperto al pubblico. Qui, si fa anche teatro contemporaneo (a cura di Vittorio Adinolfi e Nicola Guarino), in uno spazio che ha conservato le caratteristiche degli Anni Cinquanta, con un palcoscenico e la sala con le sedie di legno dei vecchi cinema d’epoca.

Nella sua casa-scatola, dunque, si muove Maria, che racconta la sua storia, vissuta tra mille difficoltà, tra disagi e dolori, voglia di libertà, contestazione e presa di coscienza. Ad accompagnarla in questo difficile percorso, c’è una figura, alta, un volto-non volto, muta, che la stimola o la consola nei diversi momenti del racconto. Gatta, amica, mostro, coscienza o opprimente società borghese, la donna in nero non l’abbandona mai e, mentre Maria, in un fiume di parole si sfoga, lei in assoluto mutismo, l’accompagna col gesto e la corporeità, rendendo ancora più vive le emozioni, la rabbia, l’intolleranza, la denuncia.
Il testo catapulta in una realtà contemporanea, fatta dei mille problemi che ogni giorno l’individuo è costretto ad affrontare, ma l’uso di un napoletano quasi antico, la fa sembrare immutabile nel tempo. Maria soffre per l’indifferenza nei confronti della diversità, per la povertà dei tanti e la ricchezza dei pochi, ha una voglia di libertà, che nel tecnologico terzo millennio è solo apparente, dettata com’è dalla televisione e dai divi del momento. E’ poca la speranza che resta all’individuo di fronte a una società borghese sorda e falsamente democratica, che poco spazio lascia al fluire del singolo individuo. Ma chi era Nirifumo che dà il titolo alla pièce? Una vecchia, povera, barbona, gobba, un vago ricordo, memoria antica del quartiere Sanità dove era nata e vissuta.
Martina Zaccaro, padrona assoluta del testo e della lingua, coinvolge il pubblico nelle emozioni, nel pianto, nella passione, nelle esplosioni della protagonista.

Nella piccola sala (70 posti a sedere) accolti da ali di fotografie dei grandi del passato, da Totò a Cary Grant, da James Stewart alla Loren, De Filippo e tanti altri, gli spettatori hanno tributato grandi applausi alle interpreti, soddisfatte e commosse per questo flusso di emozioni, che in qualche modo, ha certamente toccato tutti.