L’Inganno (da Sleuth di Anthony Shaffer) “E’ una tavolozza piena di colori, come la vita. C’è la tenerezza, ma anche la rabbia, la menzogna e la morte, temi che ci permettono di offrire uno spettacolo vivo spesso comico, ma che fa riflettere sulla natura umana”, spiega Glauco Mauri in scena al Diana di Napoli fino al 21 febbraio con Roberto Sturno.
Un celebre scrittore di gialli chiuso nella sua casa dai mille trabocchetti e l’amante della moglie si sfidano per il possesso della donna in un gioco cinico e crudele tra dramma ed l’umorismo. “L’inganno” offre la possibilità ad un attore come Mauri, che spesso sceglie testi feroci, di esprimere l’altra faccia dell’animo umano. “Mi piace il grottesco che non è la carezza ma nemmeno il pugno, è piuttosto il graffio”.
Una regia moderna, agile che usa costumi attuali. “Anche la recitazione è più rapida rispetto ai testi classici”. Un repertorio che gli è congeniale da Shakespeare a Dostojiewski a Goethe, momentaneamente abbandonato. “Ma vanno ripresi con costanza – spiega l’attore-regista – perché sono contenitori di umanità, miniere nella quali ogni volta si scoprono nuove pietre preziose. Credo all’arte per la vita e non all’arte fine a se stessa”.