UNA FESTA PER LEOPOLDO MASTELLONI

Angela Matassa

Li ha appena compiuti: 65 anni di età e 45 di carriera. Leopoldo Mastelloni, cantante,
attore, artista, teatrale, televisivo, cinematografico. Interprete di Viviani, Artaud, Genet,
Pirandello, Goldoni, Pasolini, fa un bilancio. “Assolutamente positivo,sia artisticamente
che privatamente”.

E’ l’età della pensione. Ma un artista va in pensione?

“Chi fa questo mestiere è nel momento migliore, perché può raccogliere l’esperienza di una vita, farne tesoro e offrirla agli altri. Più vado avanti, più ne sento l’esigenza”.

In che modo vorrebbe farlo?

“Mi piacerebbe dirigere un teatro, un’associazione, un’istituzione culturale. Al giorno d’oggi la competenza è poca, perché la politica ha occupato tutti gli spazi. Non mi basta sentirsi chiamare Maestro, sarebbe bello esserlo nella pratica”.

Rinnega qualcosa di questi anni di attività?

“Niente. Sono pienamente soddisfatto perché tutto è stato scelto e pensato, anche al reality ho partecipato a modo mio, nel segno della correttezza. “La fattoria” è stata come un piccolo show”.

Maestri e compagni prestigiosi: ricordiamone qualcuno.

“In televisione certamente Antonello Falqui e tutto il mondo del varietà di allora. In teatro il mio maestro d’arte e di vita è stato Giuseppe Patroni Griffi. E come potrei non parlare di Gennaro Vitiello, che dal teatro Esse, dove ho cominciato, mi ha tenuto per mano finché non sono cresciuto. Il teatro contemporaneo, che mi ha adottato, nonostante fossi napoletano, quando non era certo una qualità, e mi ha reso protagonista di spettacoli importanti. Luca De Fusco col quale ho recitato in “La finta serva” di Marivaux. Naturalmente il Sannazaro e Lara Sansone, che mi ha dato la possibilità di fare compagnia, di sperimentare i testi. L’ “Assunta Spina”, per esempio ci fu chiesta anche da altre città. Poi i compagni di una vita: Pupella Maggio, Angela Pagano, Rossellini, Fellini, Valli, De Lullo, Rossella Falk, i Giuffré, la famiglia Mastroianni. Sono amici con i quali ho ho condiviso lavoro e vita dagli Anni Sessanta”.

Qual è la grandezza di Napoli?

“La possibilità di un risorgimento culturale, cioè della coscienza e conoscenza di quel che si vive. Ma lo sto ancora aspettando”.

La sua miseria?

“Quella di essere una barca senza timone. Ormai i napoletani si sono abituati a non avere un indirizzo sociale, ognuno fa a modo suo, in ogni cosa, dal parcheggio al resto. Non è più tempo per l’arte di arrangiarsi, se prima voleva dire sopravvivenza oggi è l’agonia”.

Ha progetti in cantiere?

“Per il momento nessuno”.

Ma c’è quacosa che le piacerebbe fare?

“Curare una regia lirica. Lo fanno anche quelli che all’opera non ci sono mai stati. Io andavo con mio nonno al San Carlo che ero appena un bambino”.

Che cosa si aspetta dal futuro?

“Niente in particolare, vorrei vivere tranquillamente nella mia piccola casa nel centro della città, invece mi sento sperduto. Quanto al lavoro, mi sembra davvero difficile, nonostante un’attività di prestigio, sono come cancellato”.

Dipende dal fatto che viene ancora considerato un artista scomodo?

“Scomodo lo sono stato fin dalla nascita. Si parla ancora dell’episodio increscioso con la Rai di vent’anni fa, piuttosto che d’altro. Credo che sia perché non ho padrini politici”.

Un aneddoto?

“L’anno scorso sono stato a Los Angeles, durante il periodo dell’assegnazione degli Oscar. Il primo giorno mi hanno guardato in modo strano, forse perché non mi conoscevano come artista e non sapevano neanche che lo fossi. Dal giorno dopo anche gli americani mi hanno chiamato Maestro. Merito di Internet”.

Né rimpianti né rimorsi?

“Ma no. Festeggio sessantacinque anni felici. Nonostante tutto”.

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