Viviani risuona nella voce di Tommaso Bianco

Angela Matassa

Viviani è da sempre il suo autore preferito. Tommaso Bianco, non l’ha dimenticato  nemmeno dopo il trasferimento a Bologna.

Tommaso, un bel cambiamento.

“Ebbene sì. E’ stata una scelta necessaria, che ha modificato abitudini e portato novità, ma che non mi ha certo allontanato dalle mie passioni. Del resto, io mi sento attore napoletano, ma cittadino del mondo. Certo, Napoli è la mia città, ma oggi, a ottanta anni, dovunque mi trovi, porto con me tutto il bagaglio personale e artistico di una vita. Bologna è la mia città acquisita”.

Com’è stata l’accoglienza in una città così diversa?

Viviani. Tommaso Bianco tra le maschere di Pulcinella

“Con discrezione, ma con amore. Inizialmente è stato necessario ambientarmi con la mia famiglia, ma presto ho cominciato a proporre pezzi della nostra tradizione teatrale. La cosa bella è che proprio al Teatro Duse, debuttai con Eduardo in “Natale in casa Cupiello”. Ho ancora la locandina, che porterò con me il 19 novembre al Teatro Trianon alle ore 18, dove mi esibirò nello spettacolo “Sarraggio sempe n’ommo ca’ so’ nato”. Naturalmente è un omaggio a Raffaele Viviavi”.

Parliamone.

“Con me sulla scena l’orchestra diretta dal maestro Ciro Cascino. Interpreterò versi, prosa e canzoni in un teatro, che mi accoglie con calore e mi festeggia”.

Perché considera Viviani il più grande?

“E’ un autore universale. Sapeva cogliere l’animo umano. Ha toccato tutti i temi, era attratto da personaggi da strada, povera gente, operai, inventando una letteratura su di loro. Soprattutto ha dipinto figure popolari. Io che nasco in un quartiere di provincia, lo riconosco in ogni sentimento e sfumatura”.

C’è difficoltà per la comprensione della lingua?

“Beh sì. C’è chi non si accosta affatto, ma, come sosteneva anche Eduardo, fuori da Napoli, si può leggermente italianizzare i testi, in modo da far comprendere i termini meno traducibili. Ritengo che, se si rimane legati alle proprie origini, si resta veri e spontanei. E questo il pubblico lo sente”.

Tommaso Bianco con Eduardo De Filippo

Lei si è espresso molto anche al cinema. Oltre al celebre film di De Crescenzo “Così parlò Bellavista”, c’è stato altro.

“Ho lavorato con Monicelli, un uomo vero, poi con Mario Martone, con Alessandro Siani. Sono contento della mia carriera e ricordo tutto con gioia”.

Attualmente ha un teatro a Bologna?

“Sì, ho uno spazio, che abbiamo acquistato e attrezzato per 50 posti io e mia moglie Cristina Passaro. E’ la mia oasi. Circondato da locandine, manifesti e fotografie di scena, che mi tengono compagnia. Qui, continuo a formare giovani attori e a rappresentare messinscene della nostra tradizione teatrale”.

Come vede la società di oggi?

“Negli ultimi tempi, accusiamo un degrado umano e non solo artistico. C’è tanta competizione per tutto, lo spettacolo si è trasformato, esiste un mondo creato dalla televisione e dai media di massa. La dimensione umana si è modificata. Tutti siamo contro la guerra, però… E mi torna in mente il personaggio di Zi’ Nicola creato da Eduardo, che, dopo una vita di silenzio, la chiude dicendo: Per favore, nu poco ‘e pace”.

Ma chiuderò lo spettacolo naturalmente con i versi di Viviani che, nella poesia I dieci comandamenti scrive:

Chisti ccà so’ brutti tiempe./E ma allora, ‘o munno è tristo/e nisciuno ‘o pò cagna’?/Mo nce vo’, ‘e Cumandamente/ nun se ponno rispetta’?/Una è ‘a guerra ca ce spetta:/ e purtroppo l”imm”a fa’,/chella llà ca tutt’ ‘e juorne se cumbatte pe’ campa“.

 

 

 

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