Zero per numeri e giocatori

Angela Matassa

Una scena

Il grande introspettore, lo scrittore che portava sulla pagina letteraria la psicoanalisi mentre Freud la inventava come scienza. Fëdor Dostoevskij è rivisitato e riscritto per la scena da Vitaliano Trevisan per il Teatro Bellini di Napoli, che con lo Stabile di Catania, produce Il giocatore, dal 4 al 26 marzo.

Impresa non facile, come sempre quando si tratta di trasporre un romanzo, pur se fa seguito alle precedenti vincenti operazioni su “Arancia meccanica” e “Qualcuno volò sul nido del cuculo”.

Nella regia di Gabriele Russo, il capolavoro vive di vita nuova. Si svolge in un non-tempo (scandito da due clessidre), pur se si gioca a suon di dollari, rubli ed euro. In un non-luogo, su due piani differenti, mescolando il momento in cui la storia viene scritta (piuttosto che narrata come nel romanzo) e quello in cui nasce.

Preoccupazioni, dubbi e angosce di Dostoevskij da una parte, quelli di Alexej Ivanovic, dall’altra. In entrambi i ruoli c’è Daniele Russo, bravo nella difficoltà del dualismo, a vestire e svestire simbolicamente i panni dei protagonisti. Dostoevskij anch’egli accanito giocatore, costretto dall’editore a comporre un’opera in solo ventotto giorni, vince quest’ultima scommessa, consegnando un lungo manoscritto sul tema della ludopatia, che lo affliggeva da tempo.

Doppia la scena di Roberto Crea, ulteriormente divisa da velatini che raccontano i due piani differenti dell’azione. Due le scrivanie in proscenio, una per l’autore o per la sua collaboratrice Anna Snitkina (Camilla Semino Favro, che sarà anche Polina), l’altra per Alexej. Attorno a loro la miriade di personaggi che danno senso alla vicenda del giocatore: il generale (Marcello Romolo), la tanto amata e mai raggiunta Polina, che lo ignora per la sua condizione di semplice precettore; corteggiatori e aspiranti ricchi. Un codazzo, in attesa della morte della nonna e della sua eredità.

Una scena corale (foto Sgueglia)

Nel casinò, creato sulla stessa scenografia, ma fosforescente di numeri e luci intermittenti, come la roulette, un croupier invita al gioco, annunciando vincite e perdite. Alexej fa il suo ingresso su una sedia a rotelle, simbolo d’inadeguatezza e limite. Un uomo oppresso dal vizio e quindi indebolito nel pensiero e nell’azione. La stessa sedia sulla quale siederà la nonna rediviva (la scoppiettante Paola Sambo), che si alzerà vincendo e crollerà perdendo l’intero patrimonio da tanti atteso.

E lo Zero domina su tutti, numeri e giocatori, annientando desideri e aspettative di un’umanità misera e arida. La grande perdita sarà la libertà.

Bravi gli interpreti (con gli altri, Alfredo Angelici, Martina Galletta, Alessio Piazza, Sebastiano Gavasso), indovinato il commento musicale.  Per dare compattezza a storia e personaggi non guasterebbe una limatura del testo, soprattutto nella scena che vede nel secondo atto Alexej a Parigi in compagnia della giovane Blanche.

Una bella messinscena che, però, non restituisce la profondità dei personaggi inventati dal genio di Dostoevskij, dispersa nel fiume di parole.

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