Adolescenza e immigrazione sul set

Redazione

Finale di stagione per AstraDoc la rassegna organizzata da Arci Movie Napoli, Parallelo 41 Produzioni, Università degli Studi di Napoli Federico II e Coinor con un’altra serata dedicata alle produzioni napoletane con due anteprime esclusive. Venerdì 18 maggio alle ore 21.00 al Cinema Astra si conclude la stagione con un doppio appuntamento: alle 19.30 sarà proiettato “Non può essere sempre estate” di Margherita Panizon e Sabrina Iannucci premiato ad “Extra Doc Festival” di Roma e alla 21.00 “Vita di Marzouk” di Ernesto Pagano vincitore del Premio “Il razzismo è una brutta storia” al Festival del Cinema Africano, d’Asia e di America Latina di Milano.

Non può essere sempre estate” è un documentario sviluppato nel progetto FilmaP – Atelier di cinema del reale di Ponticelli e prodotto da Arci Movie e Parallelo 41 produzioni e in collaborazione con la Fondazione Eduardo De Filippo. Il film racconta l’adolescenza attraverso l’esperienza di attività teatrale di un gruppo di ragazzi della periferia napoletana, che devono prepararsi per mettere in scena “Vincenzo De Pretore” di Eduardo De Filippo. “Questo film – dicono le registe, che saranno presenti alla proiezione – nasce dall’esigenza di raccontare un momento specifico della vita di ogni essere umano: l’adolescenza, in questo caso in un contesto limite come quello della periferia di Napoli, cercando però di dare a questa fase uno sguardo positivo, volto al futuro, alla necessità e al diritto di essere felici. Quello a cui assistiamo sono le vite dei ragazzi, i loro dubbi, le loro gioie e le loro insicurezze”.

Una scena da “Vita di Marzouk”

Vita di Marzouk” è il ritratto intimo di un tentativo d’integrazione che troverà nell’amore l’unica risposta possibile. Marzouk ha due figli di cinque e sette anni: Jamal e Alya, l’uno biondo, l’altra bruna. Entrambi nati e cresciuti a Napoli, lui gli parla ostinatamente in arabo nell’intento di far crescere in loro la “metà tunisina” delle loro origini. La sua compagna, Elvira, lo ha trascinato in terapia di coppia perché non riesce a comunicare con lui: si sente sola, sta con un “uomo assente” e lontano dai doveri di un padre occidentale moderno. Marzouk invece pensa che il vero problema stia nel fatto che lui è un immigrato, di religione musulmana e per giunta musicista e squattrinato.

L’approccio visivo del film – spiega il regista, che parteciperà con il protagonista – è quello della pura osservazione. La quotidianità viene catturata stando dentro la scena e raccogliendo i punti di luce e d’ombra del rapporto tra Marzouk e i suoi figli, tra Marzouk ed Elvira. La loro crisi coniugale viene raccontata accedendo “al confessionale” dello psicologo di coppia, un luogo a cui si affida forse per la prima volta il racconto dei problemi d’integrazione tra un nordafricano e un’europea, sempre che non si leggano quelle sedute sul loro piano più universale: e cioè il racconto dei problemi d’integrazione tra un uomo e una donna, o in generale tra gli uomini”.

 

 

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