Andrea Ballabio

Anna Maria Liberatore

Andrea Ballabio, napoletano classe’57, laureato in Medicina e specializzato in Pediatria. Ha lavorato nel campo delle malattie genetiche in Italia, in Inghilterra e negli Stati Uniti. Ha fondato il Tigem (Istituto Telethon di Genetica e Medicina) di cui è direttore. Attualmente è professore ordinario di Genetica medica presso la facoltà di Medicina e chirurgia dell’università Federico II° di Napoli, nonché Visiting Professor presso il Molecular and Human Genetics del Baylor College of Medicine di Houston e presso il Department of Pharmacology dell’Università di Oxford, UK. Ha pubblicato oltre 300 articoli su prestigiose riviste scientifiche internazionali. Nel 2007 è stato nominato Commendatore della Repubblica italiana dal presidente Giorgio Napolitano. Nel 2016 ha ricevuto il Louis Jeantet per la Medicina, uno dei più importanti premi europei per la ricerca biomedica

 

Professore Ballabio, che cosa l’ha spinta a tornare a Napoli, la sua città, dopo l’estero e Milano?

Ho lavorato per un breve periodo in Inghilterra.   Nell’89’, avendo vinto una borsa di studio americana per la genetica molecolare, ho ottenuto un incarico come professore associato presso il Baylor College of Medicine di Houston dove sono rimasto per sette anni. In seguito sono tornato in Italia, a Milano, dopo aver accettato la proposta della Fondazione Telethon di fondare un nuovo istituto di ricerca. Tornai portando con me tutto il mio gruppo con il quale ci adoperammo per fondare il Tigem (Telethon Institute of Genetics and Medicine). Nel 2000 abbiamo deciso di trasferire il Tigem da Milano a Napoli, cogliendo un’opportunità di ottenere spazi maggiori e l’interazione con enti pubblici quali il CNR e i due atenei partenopei, la Federico II° e l’università Vanvitelli. Nel 2014 ci siamo trasferiti dalla vecchia sede di via Pietro Castellino alla nuova prestigiosa sede di Pozzuoli, nella ex Olivetti.

Quali difficoltà ha incontrato nello svolgere il lavoro di ricercatore in Campania e in particolare a Napoli?

Non mi piace lamentarmi del sistema italiano e di quello campano, sono abituato a rimboccarmi le maniche e a risolvere i problemi. Ma la città di Napoli, purtroppo, gode di una cattiva reputazione, amplificata da una serie di film e di fiction televisive che ne mettono in risalto esclusivamente i lati delinquenziali e negativi. Combatto ogni giorno contro quest’immagine che danneggia un po’ tutti noi. Per esempio, nel mio lavoro ho grande difficoltà a reclutare giovani ricercatori di talento dal Nord Italia e dall’estero che, sebbene interessati al nostro qualificato Istituto di Napoli, hanno paura di trasferirsi in una città che viene propagandata come pericolosa. Ciononostante siamo riusciti a ingaggiare molti stranieri e anche italiani di altre città. Al Tigem lavorano in tutto 210 persone fra ricercatori, borsisti, tecnici, studenti di dottorato e personale amministrativo.

Quali tipi di ricerche vi si effettuano?

Per sintetizzare, con la mia équipe lavoriamo su due livelli: innanzitutto, la comprensione dei meccanismi delle malattie. Per esempio: tentiamo di scoprire quale sia il gene mutato in ciascuna malattia genetica; cerchiamo, di conseguenza, di sviluppare nuove terapie. Ci stiamo focalizzando su quella che è una delle frontiere della medicina, cioè la terapia genica. In pratica utilizziamo il gene sano, da noi sintetizzato in laboratorio, e l’inseriamo nelle cellule e negli organi del malato. Recentemente, studiando un gruppo di malattie genetiche rare dovute al malfunzionamento di una struttura cellulare, il lisosoma, abbiamo scoperto un meccanismo biologico che promuove la crescita tumorale. Abbiamo osservato che inibendo tale meccanismo in modelli di laboratorio è possibile ridurre e persino bloccare la crescita di tumori quali melanoma, carcinoma renale, carcinoma del pancreas. Questa scoperta dimostra che lavorando su patologie rare, è spesso possibile fare scoperte che hanno un impatto anche su malattie più comuni quali i tumori.

Quali differenze ha riscontrato, nel suo campo, fra il Nord e il Sud Italia?

Ho lavorato molto bene a Milano, città internazionale in una situazione vantaggiosa dal momento che vi sono più centri di ricerca di livello internazionale. Tuttavia Napoli è un formidabile serbatoio di giovani brillanti e motivati. Ma, esercitando in una città così difficile, ho imparato che se ci s’impegna a fondo è possibile realizzare, nonostante tutto, risultati importanti.

Quali aggettivi userebbe per descrivere Napoli?

Bellissima, emozionante, interessante, difficile.  

Che tipo d’amore nutre per Napoli?

Amo Napoli perché mi ricorda gli anni che vi ho passato nella giovinezza. Ma l’amo anche per la vivacità culturale dei napoletani. Il mio è un amore incondizionato e, come ogni amore così totalitario, non è esente dal procurare delusioni.

 

 

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