Brillante cast vocale per Anna Bolena al San Carlo

Maresa Galli

Anna Bolena, tragedia lirica in due atti di Gaetano Donizetti su libretto di Felice Romani torna dopo ventitré anni al Teatro San Carlo di Napoli. In occasione delle Celebrazioni del Centenario di Maria Callas (1923-2023), mirabile interprete di Bolena. La regia dello spettacolo di Jetske Mijnssen evidenzia la psicologia dei personaggi nati dalla drammaturgia di Romani e dalla magnifica musica di Donizetti, che crea una partitura dal carattere romantico. Un ponte tra tradizione e innovazione. Primo capitolo della “Trilogia Tudor” (in programma “Maria Stuarda” nel 2024 e “Roberto Devereux” nel 2025), è un dramma dall’incantevole melodia che mette in luce la tecnica belcantistica. Ottimo il cast di cantanti, in primis le parti femminili, a cominciare da Smeton, ruolo en travesti, nell’eccellente prova di Caterina Piva nel ruolo del paggio.

Una foto di scena (ph. L. Romano)

La protagonista è Maria Agresta, perfetta nel ruolo di Anna Bolena, capace di restituire la drammaticità, le sfaccettature, i colori dell’opera. Così come impeccabile per stile, agilità di fraseggio e gesto è il mezzosoprano Annalisa Stroppa, nelle vesti di Giovanna Seymour. Notevole l’Enrico VIII del talentuoso basso moscovita Alexander Vinogradov, splendido per colore, potenza espressiva e timbro, magnifico nel Terzetto dell’atto finale.

Intensi i duetti tra Enrico VIII e Bolena e brillante l’interpretazione di Lord Riccardo Percy, interpretato dal tenore René Barbera. Perfetto negli acuti e nelle dinamiche. Ottima la direzione di Riccardo Frizza, attento alle esigenze del canto, con magnifici concertati, realizzando armonia perfetta tra voci e orchestra.

Una foto di scena (ph. L. Romano)

Come sempre, ottimo lavoro del coro preparato da José Luis Basso. Splendide, cupe ed eleganti le scene di Ben Baur, così come i costumi di Klaus Bruns, che ben rispecchiano lo stile dell’epoca Tudor, le luci di Cor van den Brink, le coreografie di Lillian Stillwell. In scena colpiscono le numerose bambole, le immense porte, il baldacchino nella camera di Anna, il prigioniero appeso nella scena della prigione, la festa finale dal bianco accecante, la figlia bambina di Anna, la futura regina Elisabetta I. Qualche trovata d’effetto della regista, come il cuore strappato al cervo, nulla aggiungono o tolgono alla straordinaria opera donizettiana. Calorosi, meritati applausi alla prima.

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