La 76esima edizione del Festival del cinema di Cannes si è chiusa con l’assegnazione della Palma d’oro a Justine Triet e al suo “Anatomia di una caduta”. Il film è il quarto lungometraggio della regista francese ed è stato distribuito in questi giorni nelle sale italiane.
Come è chiaro dal bellissimo titolo, il film è un thriller, il cui cuore pulsante è una caduta. Sandra (Sandra Hüller) è una scrittrice di successo. Mentre è intervistata nella sua casa di montagna da una studentessa, che ha intenzione di scrivere la tesi di laurea su di lei, viene interrotta dalla musica ad altissimo volume. A metterla è stato il marito Samuel (Samuel Theis), con la chiara intenzione di disturbare le due donne.
Sandra, di fronte all’impossibilità di continuare l’intervista, saluta la studentessa. Il figlio della coppia, Daniel (Milo Machado Graner), subito dopo, esce a passeggiare con il suo cane. Al ritorno trova nella neve, di fronte alla casa, il cadavere del padre, chiaramente caduto dal secondo o terzo piano dell’edificio.
È qui che comincia questo legal thriller, “Anatomia di una caduta”, con il processo che vede come unica imputata Sandra, la moglie e potenziale assassina di Samuel. Ad aiutare la protagonista durante lo svolgimento del processo sarà il suo avvocato Vincent (Swann Arlaud).

La caduta che dà il titolo al film non è mai mostrata dalla regista. Non direttamente, almeno. Viene mostrata infatti innumerevoli volte ma soltanto nelle ricostruzioni degli avvocati, nelle prove con i manichini, portate dai periti. La vera e propria caduta di Samuel, la caduta che gli ha dato la morte, resta nascosta.
Questa decisione della regista esemplifica il suo lavoro sul resto dell’opera. Se c’è un film, infatti, in cui la verità resta e resterà per sempre enigma, non trovata e introvabile, è questo. Tutti i dubbi che giustamente lo spettatore ha di fronte alle varie e contraddittorie ricostruzioni degli eventi proposte nel corso del processo, non saranno mai fugati.
La sceneggiatura, opera della stessa Justine Triet e del marito Arthur Harari, è magistrale nel dire esattamente ciò che vuole far sapere allo spettatore e a sottolineare, ma non in maniera ridondante, che ciò che stiamo vedendo potrebbe sì essere vero, ma potrebbe anche non esserlo.
Gli interpreti del film sono bravissimi nel lasciare questa tensione costante tra ciò che è vero e ciò che è racconto, funzionale alla difesa o all’accusa. Tra tutti spicca la protagonista, una Sandra Hüller strepitosa nel calibrare le emozioni di un personaggio a volte glaciale e a volte emotivo, mai facilmente interpretabile.
La storia del processo è la storia della vita di una coppia, delle sue tensioni e dei suoi litigi. In questo il film non è molto originale. La sua peculiarità sta nel ruolo che assegna allo spettatore: quest’ultimo raramente sa qualcosa in più del giudice del processo. Per questo, per tutta la durata dell’opera, resta la sensazione di non avere abbastanza elementi per capire e dunque per giudicare. Risultato, questo, figlio di una grande sceneggiatura e ottimi interpreti.
“Anatomia di una caduta” è una pellicola di grande qualità ed è un ottimo intrattenimento. Costringe lo spettatore a porsi delle domande sulla verità e sulla giustizia, che sono e saranno sempre di grande valore e interesse. Da vedere in sala.