Giancarlo Giacci, studioso di cinema e appassionato di fotografia, è il curatore della seconda edizione della Rassegna di film Corti al Molino, che si terrà il 18 e 19 agosto 2018 a Montenero Val Cocchiara (Isernia), al MoMu Molino-Museo, uno spazio suggestivo, da poco recuperato.
Giancarlo, com’è nata l’idea della Rassegna?
“Ho una casa insolita, ex stazione di posta per il cambio di cavalli sulla linea di diligenze Sulmona-Caianiello nel XIX secolo a Montenero, dove ho conosciuto la proprietaria di un molino ad acqua, Daniela Ricci, che è riuscita a restaurarlo. Insieme abbiamo pensato di svolgere attività culturali con presentazioni di libri, conferenze, mostre di pittura. Avendo una buona conoscenza di cinema e amando i cortometraggi, ho pensato di tentare di organizzare una rassegna. Ero venuto a conoscenza dell’ niziativa di Banca Intesa, “perFiducia”, che aveva prodotto in tre anni nove corti con registi quali Salvatores, Olmi, Sorrentino, Francesco Felli, Gabriele Mainetti, Marco Chiarini, Pippo Mezzapesa, Alessandro Celli ed altri. Ho pensato, perciò, di chiedere alla banca l’autorizzazione alla proiezione, che mi è stata data immediatamente. Allora mi sono spinto a chiedere anche un finanziamento che, cosa inaspettata, è giunto pur se non senza difficoltà. A questo punto avevo le basi per iniziare”.
Quali criteri ha seguito per selezionare le opere ?
“Con la formula di rassegna e non di festival, mi sono sentito libero di scegliere i film che secondo me erano più aderenti alle tematiche che volevo evidenziare: la violenza sui minori e sulle donne; l’immigrazione e l’integrazione; la solitudine della vecchiaia e della malattia; l’emarginazione dei diversi. Il film corto, con la sua leggerezza ed essenzialità, è come una freccia, che spesso riesce a colpire meglio di un cannone”.
Come hanno risposto i registi e i filmaker che ha contattato?
“Ho trovato grandissima disponibilità nei registi, sia in quelli che ho conosciuto personalmente, che in quelli a cui mi sono rivolto solo telefonicamente oppure on line. Ho notato una grande apertura verso chi apprezza il loro lavoro. Il circuito dei cortometraggi è quasi esclusivamente quello delle rassegne e dei festival e per molti è il trampolino di lancio per farsi apprezzare dai produttori cinematografici”.
Come ha reagito la gente alla prima edizione?
“Il risultato della scorsa stagione è stato superiore alle aspettative, sia come affluenza che come gradimento da parte del pubblico, che si è immedesimato nelle problematica affrontate. Questa risposta è stata possibile anche grazie alla collaborazione della giornalista e ‘padrona di casa’ Daniela Ricci. La manifestazione, infatti, ha avuto grande risalto sulla stampa nazionale e sul Web”.
E le istituzioni vi sono state vicine?
“Abbiamo avuto il prestigioso matronato della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee di Napoli, sia per il 2017 che per il 2018, ma dalle varie istituzioni solo patrocini morali, senza alcun contributo concreto”.
Avete al fianco qualche sponsor illuminato o fate da soli?
“Nel 2017 fummo finanziati dalla Banca Intesa, ma per il 2018 non ci ha sostenuto. Per questo motivo, ho pensato di rivolgermi ad un Crowd Funding della Eppela, che ha funzionato bene. Inoltre, abbiamo ottenuto un piccolo contributo dalla Banca Popolare dell’Emilia Romagna, che ci ha permesso di raggiungere il badget per il 2018”.
Ha altri progetti per questo territorio?
“Innanzitutto, per la terza edizione contiamo di usufruire di una legge regionale del Molise destinata alle iniziative culturali, per poter migliorare la qualità e avere con noi attori di livello nazionale.
Inoltre, ho in cantiere il progetto “Notte bianca de Paura”, in occasione della festa di Halloween a fine ottobre, con proiezione di spezzoni di classici dell’orrore e attori che leggano brani di romanzi da cui sono stati tratti film. Per creare maggiormente l’atmosfera, la notte precedente, figuranti truccati e vestiti come i personaggi dei film, gireranno nei bar e nei ritrovi più frequentati della vicina Castel di Sangro”.
Come può l’arte aiutare lo sviluppo culturale, turistico e sociale di un luogo?
“La cultura è conoscenza, alzarne il livello porta ad una maggiore consapevolezza dei propri diritti. Il che rende più difficile lo sfruttamento in tutti i campi. Oggi l’arte può incrementare il turismo di un luogo, purché sia di qualità. In Italia abbiamo un tesoro: la storia, il grande patrimonio di bellezza e creatività, che non ci potranno mai essere tolti da altre nazioni, perché qui è presente il 70 per cento delle opere d’arte del mondo e la globalizzazione in questo settore è tutta a nostro vantaggio. Perciò, dico, importiamo tranquillamente dalla Cina e facciamo che i cinesi vengano a spendere da noi le loro ricchezze, per vedere le nostre bellezze”.