Comandante, quel “noi siamo italiani” che fece la differenza

Renato Aiello

La locandina del film Comandante

Noi siamo Italiani”, non sempre brava gente come recita l’adagio, forse, ma rispettosi della regola del mare in Comandante, l’ultimo film di Edoardo De Angelis.

La frase pronunciata dal protagonista Pierfrancesco Favino sembra quasi faccia da contraltare agli slogan politici più inflazionati del sovranismo attuale. Quel “Prima l’Italia, prima gli italiani” urlato proprio dagli eredi politici diretti del fascismo.

Eppure il Comandante Salvatore Todaro, a capo del sommergibile Cappellini durante la Seconda Guerra Mondiale, era un militare di estrazione e formazione fascista.

Questo però non gli impedì di obbedire alla legge più antica e sacra che l’Uomo conosca: se ci sono naufraghi, ogni imbarcazione ha il dovere di soccorrerli e di portarli in salvo.

UN COMANDANTE DIVERSO DAI TEDESCHI

I nazisti li lasciano morire in mare”, gli ribattè inutilmente un subordinato a bordo del Cappellini, dopo aver affondato il mercantile belga che aveva violato la neutralità, attaccandoli per primi.

De Angelis sul set del film Comandante

Ai superstiti del piroscafo Kabalo furono prima offerti viveri e generi di sopravvivenza sulle scialuppe di salvataggio, e poi il soccorso fino alle isole più vicine, le Azzorre. Di lasciarli morire in pieno Oceano Atlantico il coraggioso Todaro non ne voleva proprio sapere.

Comandante è la storia appassionante e coinvolgente di un uomo che supera le colonne d’Ercole – letteralmente – tra le mine dello stretto di Gibilterra in mano al nemico inglese, e metaforicamente sfidando gli “dei” fascisti, ormai prossimi alla caduta in patria.

Molto bello il long take che mostra a inizio film tutti i preparativi nel porto in cui è ancorato il sommergibile della Regia Marina.

Per poi inquadrare, con il crane che si solleva, uno dei marinai in una stanza a letto con la sua ragazza: l’amore, gli affetti e la famiglia che ognuno di loro si lasciava alle spalle, senza fare più ritorno nella maggior parte dei casi.

Cosa che accadde ad esempio al torrese Vincenzo Stumpo, interpretato da Gianluca Di Gennaro, la prima vittima a bordo dopo aver disincagliato il sommergibile – a mani nude – nella selva subacquea di bombe disseminate dai britannici al largo di Gibilterra. O al triestino Stiepovich, interpretato anche lui da un napoletano, l’attore Arturo Muselli.

Persino il napoletanissimo Massimiliano Rossi, attore feticcio di De Angelis, si è dovuto confrontare con il dialetto veneto nei dialoghi affilati con Favino. L’attore romano è in stato di grazia attoriale anche in questa nuova pellicola.

L’INCONTRO COI BELGI

Toccante l’incontro col naufrago belga, italofono per sua fortuna e persino conoscitore del greco, la lingua in cui è scritta una lettera che porta con sé da tempo e che si rivelerà importante nel ritratto che De Angelis fa del personaggio.

Todaro sarebbe morto qualche anno dopo – come aveva sempre previsto e immaginato – in guerra e nel sonno, ma il suo gesto non sarebbe stato vano.

I belgi salvati e trasportati fino a Santa Maria delle Azzorre, contro tutto e tutti nelle acque solcate dalle navi da guerra inglesi, ne avrebbero onorato la memoria con una visita alla moglie vedova e alla figlia nata postuma.

Girato in un sommergibile completamente ricostruito sul set, Comandante sarà ricordato per la regia asciutta, il lavoro pregevole sul suono e sul montaggio sonoro, ma anche per un momento di grande umanità.

La scena in cui i belgi insegnano al cuoco napoletano come friggere le patatine nello strutto, condividendo il cibo sulle note di una canzone classica napoletana strimpellata al mandolino. Un po’ come francesi e tedeschi nelle trincee della Prima Guerra Mondiale con gli alberi di Natale durante la tregua delle feste.

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