Sabato 13 e domenica 14 maggio 2023, presso L’Hotel Palazzo Caracciolo di Napoli sono andati in scena gli spettacoli di “Do Not Disturb – Il teatro si fa in albergo”, l’ormai acclarato format ideato da Mario Gelardi e Claudio Finelli. Il progetto site specific, ideato dai due autori e registi, rinnova la collaborazione tra il Nuovo Teatro Sanità e il Caracciolo Hospitality Group. A dieci anni dal debutto, l’edizione Do Not Disturb – Revival, ripropone due amate “stanze” teatrali di Claudio Finelli, “All I Want”, con Gennaro Maresca e Gianluigi Montagnaro e “Zagara”, interpretata da Gaetano Migliaccio e Marina Cioppa, due storie d’amore e di nostalgia. Accompagna le visite degli spettatori il “concierge” Ciro Burzo. La regia dei testi è di Gennaro Maresca e Marina Cioppa; la direzione artistica di Mario Gelardi.
Il leit motiv degli spettacoli è l’erotismo. “Zagara” è incentrato sull’avventura di una notte di una donna con un insegnante di balli latino-americani. “All I Want” gioca sul voyeurismo degli spettatori che spiano l’incontro di un imprenditore con un giovane insegnante di filosofia, coinvolti da un sentimento clandestino. Entrambi i testi avranno un colpo di scena imprevedibile, così come spesso sono imprevedibili i rapporti umani, con i loro segreti inconfessabili, con le pulsioni represse e i desideri più autentici.
“Anche queste edizioni Reload e Revival di Do Not Disturb, – afferma Claudio Finelli – il format di teatro nelle stanze d’albergo creato insieme a Mario Gelardi, hanno riscosso grande attenzione e feedback molto positivi. Credo che la chiave del successo del format sia la “verità” che restituisce quest’esperienza: il pubblico di Do Not Disturb si trova, infatti, ad osservare la storia narrata trovandosi all’interno della storia stessa e la prossimità con gli attori amplifica il realismo dell’azione scenica e il suo impatto emotivo. Sono convinto da sempre che intercettare i sentimenti degli spettatori, emozionarli e “restituire verità” siano una formula vincente – o comunque a me congeniale – per fare un teatro “vivo”, “democratico”, che sappia parlare a tutte e a tutti”. E intanto il pubblico attende nuove “stanze”, per spiare altre vite e, forse, spiare più a fondo dentro se stessi”.