Giuseppe Corcione, artista napoletano, è pittore, scultore, designer, laureato all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Tra le sue più importanti esposizioni le collettive: “Arte laguna 2009”, asta di beneficenza di arte contemporanea a favore del Museo Filangieri di Napoli. Progetto “Il cielo d’Italia” per l’Expo 2015, progetto “Imago Mundi” Campania per la Fondazione Benetton. “Cristo Svelato o luce nascosta” per la cappella Real Monte Manso di Scala. “Ottava Misericordia”, opera tattile site-specific per il Pio Monte della Misericordia. I dodici busti di Apostoli in bronzo per l’altare maggiore del Duomo di Nola. Vincitore del concorso Arte della medaglia per l’Istituto Poligrafico-Zecca dello Stato di Roma.
Maestro, che cosa l’ha convinta a rimanere a Napoli?
L’immenso patrimonio artistico della nostra città mi ha fatto pensare, forse erroneamente, che tutto quello che volevo vedere fosse qui, a portata di mano. Non me ne sono pentito, per ora. Sono giovane, spero di avere ancora tempo per viaggiare e vedere il mondo.
A quale tipo di arte si dedica e come possiamo definirla?
Non sono né pittore né scultore. Mi occupo di arte e di ricerca attraverso la mia sensibilità artistica a 360 gradi. Mi definisco un creativo con una forte visionarietà.
Lei si è fatto conoscere soprattutto per due opere visionarie: Il Cristo Svelato e l’Ottava Opera di Misericordia. Com’è nata l’intuizione di creare il Cristo Svelato?
L’idea nasce da una profonda fede verso la figura di Cristo. Quando ho incontrato la mirabile opera del Sanmartino ho avuto l’esigenza di capire cosa ci fosse sotto il velo. In un primo momento ho pensato alla morte, poi ho scoperto la vita. Per questo ho voluto raffigurare la resurrezione, proprio al di sopra della Cappella Sansevero, nella Cappella Real Monte Manso di Scala, perpendicolarmente al Cristo morente. Ho rappresentato il mio Cristo nel momento di passaggio dalla dimensione terrestre a quella divina. Mi ha affascinato anche l’idea di simmetria delle due chiese e la linea orizzontale dell’opera del Sanmartino e quella verticale della mia.
Cosa l’ha spinta a realizzare una Ottava Opera che è andata ad aggiungersi alle Sette Opere di Misericordia, famosa tela di Caravaggio, al Pio Monte della Misericordia?
Come Caravaggio diede vita a quel mondo popolato di figure emarginate e ghettizzate, così nell’Ottava Opera, dedicata ai non vedenti, ho abbattuto il muro dell’esclusione e delle barriere sensoriali che impediscono ai meno fortunati la fruizione dell’arte. Attraverso uno studio approfondito ho realizzato una scultura tattile che diventa un medium e al tempo stesso una vera opera di misericordia. Mi è sembrato giusto collocarla proprio nel posto dove vivo e lavoro, cioè nel Pio Monte.
Quali difficoltà ha incontrato nel suo lavoro?
Le difficoltà sono tutte collegate a una certa mentalità conservatrice, soprattutto di chi detiene il potere. Ci viene preclusa l’opportunità di cogliere il futuro che spesso risiede nelle giovani intuizioni. Comunque, a parte le difficoltà, davanti a tanta bellezza e storia della nostra città, mi sento un nano sulle spalle dei giganti.
Quali aggettivi userebbe per descrivere Napoli?
Città magica che mi dà continui input a creare. Anche misteriosa, mitologica. Città in cui è evidente l’eterno ciclo di morte e rinascita. E’ anche miracolosa. Vi si trovano energie volte al sovvertimento della realtà codificata. Solo a Napoli si scioglie miracolosamente il sangue di San Gennaro, a dispetto di ogni regola scientifica.
Quale tipo d’amore nutre per la sua città?
Il mio amore è totale. Sono in simbiosi con la mia città. Mi sento una parte di Napoli e sento che Napoli è una parte di me.