Il regno del pianeta delle scimmie

Renato Aiello

Preceduto da un battage mediatico partito a dicembre 2023, Il regno del pianeta delle scimmie è il primo capitolo di un nuova annunciata trilogia dedicata all’epica saga dei primati intelligenti e senzienti. È uscito al cinema a maggio 2024 ed è già disponibile su Disney + per la visione casalinga on demand: un fasto per gli occhi, interessante sotto molti aspetti da analizzare.

IL PIANETA DELLE SCIMMIE EVOLUTE

Il primo film del franchise rinnovato nel nuovo millennio uscì nel 2011, L’alba del pianeta delle scimmie, seguito poi da Apes Revolution e The War, e indagava le origini di quello che sarebbe stato il mondo controllato e dominato dai nostri parenti più stretti: la fuga da un laboratorio di San Francisco del virus ALZ-113, responsabile sia di una pandemia globale con milioni, se non miliardi di morti (date le stime di sopravvivenza), sia dell’intelligenza incrementata nelle scimmie, in particolare del protagonista Cesare. L’ottimo Andy Serkis, già King Kong e Gollum/Smeagol per Peter Jackson, lo ha interpretato nelle tre pellicole prima citate col talento indiscusso di un maestro della motion capture.

IL REGNO

Ma nel 2024 è tempo per Noah, nuovo protagonista, di esplorare un regno, quello delle scimmie evolutesi 300 anni dopo gli eventi di San Francisco e della prima trilogia reboot. Ciò che si mostra ai nostri occhi fin dai primissimi teaser/trailer e dalle prime scene del film è una città completamente trasfigurata: palazzi in rovina, fatiscenti, un colpo d’occhio su un’immensa foresta urbana che avvolge, come i templi della jungla cambogiana, tutto ciò che era stato edificato dagli umani.

IL CLAN DELLE AQUILE

Una veduta a volo d’uccello, letteralmente, con la macchina da presa che segue un’aquila, raggiunge subito tre giovani scimmie arrampicatrici su un ex grattacielo. Fanno parte del clan delle aquile, una delle varie tribù eredi del popolo di Cesare rifugiatosi nelle foreste della California, e il motivo della scalata risiede nella tradizione che li contraddistingue: allevano giovani aquilotti come fossero animali domestici, prelevando dai nidi le uova, ma lasciandone sempre una alla madre.

Viene rappresentata una vera e propria società neolitica di scimmie parlanti, dedite alla caccia e all’agricoltura, sedentarie e non più nomadi, esperte persino di affumicatura del pesce di fiume. L’idillio bucolico però dura poco, perché il contatto con Mae, una delle umane sopravvissute tre secoli dopo alla grande decimazione virale – una ragazza muta (inizialmente) e dagli atteggiamenti selvatici -, e l’arrivo dei soldati di un sedicente sovrano di scimmie, faranno scoprire a Noah il passato che li ha portati ad essere la nuova specie dominante.

LA CREAZIONE DI UN IMMAGINARIO

A ben pensarci, quella del Pianeta delle scimmie è una delle più longeve saghe cinematografiche mai realizzate, che a differenza di molte altre (ed escluso il film diretto da Tim Burton), non ha perso smalto. Anzi, ne ha guadagnato altro negli anni 10 di questo secolo e promette bene anche per gli anni 20 del 2000. Ha creato un nuovo immaginario degno dei documentari sulla Terra dopo l’Uomo, è di grande attualità se si pensa alla pandemia da covid-19 e all’impatto dell’Umanità sulla Natura nella manipolazione scientifica. E soprattutto avvince, almeno nel primo tempo del film, tra scorci apocalittici, ruderi di ex hangar e aeroporti e un orango dotto, seguace degli insegnamenti di Cesare.

IL RE

Paradossalmente il film morde il freno nel momento in cui compare il tanto atteso, e presunto villain Proximus Caesar, un novello imperatore appassionato – non a caso – di Storia Romana antica e desideroso di compiere quel balzo tecnologico in avanti che consenta alle scimmie di soppiantare definitivamente i pochi umani rimasti. Il ribaltamento dei ruoli è dietro l’angolo, Mae non è la ferale ragazza semiprimitiva che sembrava e il finale da Nuova Speranza suggerisce un sequel come fu per la terza trilogia di Star Wars.

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