Installazioni coreografiche

Redazione

Un momento di "Mishima"
Un momento di “Mishima”

Doppio appuntamento con la danza nel Museo Ferroviario di Pietrarsa. Il primo, Mishima, The garden of forbidden dreams è l’omaggio che Ismael Ivo (coreografo quasi napoletano d’adozione, ha qui creato la compagnia Les Danseurs napolitains) rende al grande poeta, drammaturgo e saggista, giapponese morto facendo harakiri. L’altro è invece con il lavoro del napoletano Paco Dècina Précipitations.

Per Mishima (il 16 e il 17 giugno nell’Arena) il brasiliano ha creato un’installazione coreografica. “Yukio Mishima – afferma Ivo – è un artista che, come Antonin Artaud, Pier Paolo Pasolini, Jean Genet, Robert Mapplethorpe – si è impegnato a fare della propria arte un documento della sua vita, del suo tempo, della sua esistenza. Un elemento fondamentale della sua poetica è l’ossessiva ricerca di “bellezza”. Per lui la bellezza è qualcosa che quando viene toccata, brucia le mani”. Ad un poeta maledetto un moderno, sensibile, creativo coreografo dedica la sua ultima opera con l’originalità (ci auguriamo) che ha caratterizzato le precedenti Le Sacre du printemps e Sacrificium. Sulla scena, ricoperta di riso a ricordare un giardino zen giapponese, s’incontrano e scontrano i danzatori su musiche che spaziano da Arvo Pärt al gruppo nipponico dei Kodò passando per Richard Wagner. Una celebrazione rituale tra alba e tramonto, tra vita e morte. In scena, come ballerino ospite, Khải Ngọc Vũ.

Precipitations
Precipitations

Précipitation di Paco Dècina (15 e 16 nella Sala dei 500) è una coreografia in tre quadri e può essere letta come l’esplorazione di tre stati, di tre territori artistici (legati dalla musica del percussionista Christian Lété) nei quali trio, duo e solo si succedono grazie a otto danzatori in scena. Nella prima parte, tre danzatori si appropriano dell’instabilità di un mondo in cui vi sono solo domande, incertezze, trasformazioni e al ritmo di variazioni musicali, si ritrovano, si rincontrano e si riscoprono come “la prima volta”.

Nella seconda parte, un’installazione scenica di Laurent Schneegans, un gigantesco pendolo che scandisce le oscillazioni del teatro fa sì che il tempo si insinui nel corpo dei danzatori e lentamente conviva fino alla sparizione. Al centro della terza parte c’è un dispositivo video che, al servizio della danza, le permette di manifestarsi in tre dimensioni, mettendo in evidenza ciò che vi è di più essenziale nel movimento.

La scrittura di Dècina trascina lo spettatore al centro di un universo illuminato da bellezza serena e al tempo stesso folgorante, caratterizzato dalla sensualità degli intrecci quasi scultorei e dei gesti sospesi, che suggeriscono la mancanza di gravità.

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