La voce della filosofia attraverso gli alberi e il teatro

Renato Aiello

Il film documentario dedicato al professore e filosofo italiano Carlo Sini, diretto da Clemente Tafuri e da Davide Beronio, si apre e si chiude su uno scorcio montano di alberi, prima rigogliosi e verdi in primavera-estate e poi spogli, coi colori tipici dell’autunno, avvolti dalle nebbie e dalle parole del tedesco Heidegger.

Il passaggio del tempo e delle stagioni viene evocato dallo stesso Sini nella funzione del teatro e dell’attore, attraverso il cui corpo e la cui voce passano le voci dell’umanità fin dagli albori della civiltà. Una bella immagine poetica che riflette lo spirito del progetto in cui è inserito il docufilm, dal titolo “La parte maledetta. Viaggio ai confini del teatro”: un ciclo di film-documentari dedicati ad alcuni protagonisti dell’arte e della cultura, prodotti da Teatro Akropolis e AkropolisLibri, e che trova spazio felice al Festival di Venezia appena iniziato in laguna.

L’8 settembre alle ore 16.30, allo Spazio Incontri Venice Production Bridge, all’Hotel Excelsior, quest’opera è stata proiettata integralmente in anteprima assoluta. Il film, fuori concorso, è stato scelto quale emblema dell’espressione meta-artistica del linguaggio cinematografico, su cui si innestano le altre arti: temi emersi anche durante l’incontro con gli autori e registi Tafuri e Beronio, moderato dal giornalista e critico Oliviero Ponte di Pino.

I registi Clemente Tafuri e Davide Beronio (foto di Lalla Pozzo)

Questo su Sini è il terzo titolo realizzato dopo i capitoli su Massimiliano Civica e Paola Bianchi del ciclo documentaristico sopraccitato, e partecipa ufficialmente alla I edizione del Premio collaterale “Cinema and Arts”, ideato da Alessio Nardin e realizzato con la collaborazione di Kalambur Teatro e Ateatro. Con autorevolezza e precisione filologica appassionata, Sini esplora il concetto di filosofia e tratteggia la figura del filosofo in Occidente, unicum assoluto nel mondo fin dai tempi di Socrate. Il suo rapporto con la scienza, la conoscenza, il resto della società, l’ironia stessa di cui egli fa uso o di cui è bersaglio, rendono questo intellettuale necessario per la comprensione dei tempi e per l’analisi dei processi in corso, seppur quasi marginale al giorno d’oggi. A volte Telemaco e altre volte Ulisse, proprio come l’attore di teatro e l’uomo del suo tempo, egli è sempre alla ricerca della verità, del rito e del ritmo, compito assolto egregiamente dall’arte teatrale, chiosa poi Pini sulle note di Grieg e Schumann.

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