Lino Volpe

Maresa Galli

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Lino Volpe

Con il suo spettacolo “Scala napoletana” approdato al Teatro Sannazaro di Napoli, dopo il successo riscosso al “San Babila” di Milano e al Teatro dell’Orologio di Roma, Lino Volpe si racconta.

Definisci quest’ultimo lavoro una favola musicale brillante, ma contiene anche dialoghi intensi che raccontano il dramma della guerra, la fame.

“E’ uno spettacolo composito, che tocca in quasi due ore registri diversi, si passa dalla farsa al dramma, ma sempre con il sorriso sulle labbra. E’ una favola, i suoi protagonisti sono quattro bambini che si arrangiano in tutti i modi, che usano qualunque stratagemma per sopravvivere ai soprusi della guerra e ai morsi della fame. Questo genera una fortissima empatia con il pubblico che ride, si diverte, e ad un certo punto fa quasi il tifo per i quattro scugnizzi protagonisti”.

La colonna sonora alterna classici napoletani e composizioni scritte ad hoc: con te in scena valenti musicisti.

“Le canzoni sono l’orologio della messinscena, ne scandiscono il tempo e ne segnano la cronologia. Le canzoni diventano parte integrante del testo teatrale, sottolineano i passaggi e ne fissano i punti. Un esempio chiaro è quello di “Tammurriata nera” e di “Simme ‘e Napule, paisà”, due canzoni scritte negli anni Quaranta, che contribuiscono a raccontare lo scenario antropologico e storico di Napoli durante la seconda guerra mondiale. Ho scritto appositamente due temi che, proprio come una colonna sonora cinematografica, intervengono nello scenario del racconto contrappuntando alcuni momenti. Gli arrangiamenti delle canzoni sono un elemento importante, al quale tengo molto, sono volutamente scarni, ci lavoro con passione e rispetto. Da anni insieme a Franco Ponzo, Sasà Piedepalumbo e Emidio Ausiello, lavoriamo sull’utilizzo teatrale del repertorio della canzone classica napoletana. La scansione precisa delle singole parole è per me fondamentale, cerco di bilanciare il peso dei versi con le esigenze del ritmo e della melodia, le canzoni sono per me racconti da teatralizzare anche attraverso il linguaggio dei gesti e del corpo”.

Un momeno dello spettacolo

Il tuo teatro/canzone, che ti ha fatto definire “cantastorie d’altri tempi”, ha nobili precursori: quali sono stati i tuoi maestri?

“Mio padre è stato il più grande per me, un narratore forte, un uomo capace di intrattenere solo con la forza della parola il pubblico più difficile del mondo: quello dei bambini scalmanati. Spesso durante le feste in famiglia, ad un certo punto si ricorreva a lui, per tentare di placare l’esuberanza dei più piccoli. Ebbene io stesso ho assistito a veri e propri miracoli della parola: gli bastava sedersi, chiamarli ad uno ad uno, e poi cominciava a raccontare favole che avevano per protagonisti gelati giganti, giraffe parlanti e polli ballerini. Calava improvvisamente il silenzio, tutti zitti e buoni ascoltavano rapiti le parole di zio Tonino”.

I tuoi testi sono coinvolgenti, brillanti e sempre dissacranti. Come possiamo leggere il tempo presente?

“E’ un tempo di mezzo, c’è forte disparità sociale. Il teatro può essere una piccola cura; la parola che amo di più del teatro è compagnia, poiché a differenza della televisione, di internet, è una forma di rappresentazione che si vede in compagnia, che fa una (Compagnia) sul palco. Il teatro è un antidoto a uno dei peggiori mali di questo periodo, la solitudine, è un luogo incantato nel quale perdersi, attraverso il quale riflettere, sorridere e soprattutto condividere”.

La città di Napoli è sempre leit motiv dei tuoi spettacoli, sfondo, appartenenza, con i suoi poeti e musicisti, con i suoi vizi e virtù.

“Napoli non è un luogo, ma “Una galassia lontana, lontana” nella quale può accadere di tutto, il tempo, gli elementi, la chimica stessa delle cose si piegano sotto il peso di una forza sovrumana, è un buco nero pieno di colori, è la mia gioia e il mio dolore”.

Quali sono i tuoi nuovi progetti?

“Intanto proseguiamo le recite. Saremo prima a Siena, poi a Milano, poi a Guidonia (Roma) e probabilmente torniamo a Napoli a maggio, per accontentare una parte di pubblico che non ha trovato posto al Sannazaro. Ho cominciato da poco le prove di un nuovo spettacolo, dove narrerò una storia sotto le mentite spoglie di un prete, ma di questo avremo modo di parlarne più in là”.

 

 

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