Melchionna: “Il motore della vita è l’amore”

Angela Matassa

Il tema privilegiato quest’anno è l’amore. Luciano Melchionna chiude in bellezza la stagione teatrale con l’ormai celebre format “Dignità autonome di prostituzione”. Un amore che traspare dalle scelte dei brani da proporre, dalle musiche, dalle letture e dai siparietti. E da quelle 24.000 strette di mano con gli spettatori di Napoli.

Melchionna, un successo eclatante.

“E’ stato davvero meraviglioso. Avremmo anche potuto continuare. La gente ci vuole, ci segue e apprezza ogni anno di più quel che vede. Il nostro pubblico comprende che tutto nello spettacolo è pensato e sofferto. E se ne va con le domande in testa”.

Ma il segreto qual è?

“E’ difficile definirlo. Innanzitutto, nessun successo è scontato. Questo lo sappiamo bene. Nello spettacolo c’è molto di me, ma soprattutto quel che gira nella mia testa e nel mio cuore. Inoltre, scelgo solo talenti, che siano in grado di esprimere il mio mondo. Lo scambio tra spettatori e attori è un altro ingrediente fondamentale. Durante il lockdown mi ero illuso che finalmente le persone sarebbero state più unite. Sono rimasto molto deluso e ho cominciato a lavorare al contrario: mi sono concentrato sul senso dell’amore in tutte le sue forme. Sui diritti, sul rispetto. E, grazie al successo di “Dignità”, ho visto che tante persone la pensano come me”.

Secondo lei, che cosa vuole la gente?

“Dignitò autonome di prostituzione”. Luciano Melchionna in scena (ph Flavia Tartaglia)

“Saperne di più. Condividere emozioni. Un altro pericolo di questo tempo è l’isolamento. Passare le ore davanti alla Tv o al computer, credendo di trovare tutto lì. Non si può sposare il pensiero unico, che è comodo certamente, ma è impossibile vivere così. Ognuno deve fare un gesto “verso”. Ed è quel che facciamo ogni sera a teatro. Il pubblico vuole lo scambio, infatti poi viene verso di noi”.

Napoli vi accoglie diversamente che altrove?

“La reazione finale è la stessa. Però per i napoletani non finisce lì. Continuano a seguirci anche dopo, con messaggi, lettere, contatti. Riflettono su quel che hanno visto. Si lasciano conquistare e sono fedeli. E’ stupendo. Il pubblico va incuriosito e rieducato alle emozioni. A Napoli c’è più vitalità che altrove. C’è un fermento diverso da altri luoghi. Da quando l’ho conosciuta, è la mia speranza. Perché non accetta il giogo, ha un senso forte della vita. Guardo Napoli e penso che meriti tanto. E io mi sento un po’ napoletano…”.

Nei tempi bui che stiamo vivendo, secondo lei, l’arte serve ancora alla crescita dell’umanità?

“Solo l’arte ha questa capacità di sintesi. Rispetto al pensiero, alla filosofia, alla critica. Se gli occhi si abituano alla bellezza, lo sguardo inevitabilmente cambia”.

Che cos’è per lei la libertà?

“E’ legata alla lealtà, all’onestà intellettuale, alla responsabilità. Non posso prescindere da questo. Non significa certo osare per stupire, provocare inutilmente per mettersi in mostra. O portare il sesso in scena. Purtroppo alla scuola non ci pensa nessuno. Ciò che conta è il denaro, perciò le cose vanno così oggi. Ma ognuno può fare la propria parte, con gli strumenti che gli sono consoni”.

Lei ha cominciato col teatro di Ronconi e Ferreri, ha lavorato per la televisione, diretto film, pubblicato libri. Quali progetti ha?

“Il 17 agosto andrà in scena su Rai2 una mia particolare regia di “Miseria e nobiltà., con la regia televisiva di Barbara Napolitano. Inoltre, sto organizzando un piccolo festival, che si svolgerà a settembre nel Beneventano. Sto scrivendo la sceneggiatura di un film, tratto da un giallo di Sara Bilotti, sulla violenza tra le mura domestiche. Sto preparando una serie televisiva con Enrico Manzo, e ho ancora due progetti teatrali. Ma sono top secret”.

Che consiglio darebbe ai giovani?

“Li inviterei a trovare la propria passione, a impegnarsi per realizzarla e di essere grati per quel che si fa”.

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