“Per Lucio”: un dialogo con Dalla

Redazione

Presentato in anteprima mondiale nella sezione Berlinale Special della 71esima edizione del Festival di Berlino, “Per Lucio” è l’ultima opera di Pietro Marcello, distribuita al cinema soltanto dal 5 al 7 luglio 2021. Il film è un documentario su Lucio Dalla, o forse si dovrebbe dire proprio “per” il cantautore: il titolo della pellicola è infatti straordinariamente appropriato. Il film tratta Dalla non come oggetto di un omaggio o di un classico ritratto cronologico-artistico, ma come soggetto di un dialogo tra le immagini e le sue canzoni, tra le testimonianze dei suoi amici e le sue parole nelle interviste dell’epoca.

Quest’approccio particolarissimo è possibile e apprezzabile per il grande talento di Marcello: l’autore rifiuta dall’inizio un’idea standard di documentario e decide di abbracciare la vita del cantante da una prospettiva profondamente personale. Innanzitutto si affida a due soli testimoni diretti della sua vita: Umberto Righi detto Tobia, e il filosofo Stefano Bonaga. Il primo, storico manager dell’artista, introduce lo spettatore in un dialogo su e con Dalla, raccontandone le prime fasi della carriera, il carattere d’artista e anche il rapporto con le persone a lui più care, come la madre. È particolarmente bello ed emozionante tra gli altri il frammento dello “Zecchino d’oro” dove il cantante andò proprio con la madre, dedicandole una canzone. Bonaga, invece, amico d’infanzia di Dalla, viene presentato nella seconda metà del documentario, in una conversazione con Righi all’interno di una trattoria, nella quale si lasciano andare a un ricordo delicatissimo dell’artista, di cui parlano, come non mancano di notare loro stessi, “al presente”, come se fosse rimasto ancora al mondo non solo attraverso le sue canzoni ma anche con il corpo, fisicamente.

Tra i due poi campeggia la figura di Roberto Roversi, autore di molti dei testi delle canzoni di Dalla, che entrambi chiaramente ammirarono e rispettarono per la sua statura d’intellettuale. Chi però è presente dal primo all’ultimo minuto, dalla prima immagine all’ultima, è proprio Lucio Dalla, che sembra davvero partecipe di questo documentario, soggetto parlante e mai silenzioso.

Il manifesto del film.documento

Certo, Marcello seleziona accuratamente il “suo” Dalla, concentrandosi sugli anni dell’impegno politico, quelli in cui in collaborazione con Roversi pubblicò album come “Il giorno aveva cinque teste” o “Anidride solforosa”, e lo tratteggia come simbolo di chi si oppose, o almeno si rese conto della perdita di identità culturale dell’Italia dal secondo dopoguerra in poi. Nel corso del documentario però il cantautore bolognese non è mai una figura inerte e quando tra le tante (bellissime) immagini di repertorio scelte dal regista spunta il suo viso, la sua voce, il film assume un altro passo e viene vivificato dal carisma dell’artista. Quando guardando in camera dice con spontaneità e allegria che se non avesse fatto il cantante sarebbe voluto essere un imbianchino, Lucio Dalla mostra forse davvero l’essenza di un’artista, di un uomo fuori dalla norma, che è merito di Marcello essere riuscito a individuare e mettere in luce con tanta energia.

“Per Lucio” non è un documentario come gli altri e non è nemmeno un buon punto di partenza per conoscerne la figura, ma non ambisce a essere nessuna di queste due cose. Desidera invece dialogare con il cantautore bolognese, porgli domande che sono ancora senza risposte, ascoltarlo con attenzione oggi e anche in futuro. Ci riesce benissimo, e per lo spettatore non può che essere una gioia.

Angelo Matteo

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