Quando l’orrore entra nella quotidianità

Alberto Tuzzi

A Midwich, paesino della Scozia, un giorno gli abitanti si addormentano all’improvviso. Al risveglio, tutte le donne del villaggio in età fertile sono, misteriosamente, gravide e, dopo qualche mese, danno alla luce dei misteriosi bambini. I nuovi nati sono biondi, dagli occhi azzurri freddi come il ghiaccio, straordinariamente intelligenti e perfettamente coalizzati tra loro. Privi di emozioni e dotati di poteri psichici, come la capacità di leggere il pensiero e di piegare ipnoticamente la volontà degli adulti, spingendo anche al suicidio. Si scatena l’orrore.

I bambini misteriosi, cresciuti rapidamente in modo anomalo, manifestano subito la loro disumanità e le loro intenzioni pericolose. Un abitante del villaggio, il fisico Gordon Zellaby (George Sanders), dopo aver compreso che i bambini del villaggio sono guidati da un’unica mente aliena e che rappresentano un grave pericolo per l’umanità, cerca di eliminarli.

Il regista Wolff Rilla, con “Il villaggio dei dannati” (The Village of the Damned, Gran Bretagna, 1960) realizza un piccolo classico, ai confini tra fantascienza e horror, grazie ad una ottima sceneggiatura, curata da lui stesso con  Stirling Silliphant e Geoffrey Barclay ed ispirata dal romanzo di John Wyndhman “I figli dell’invasione” (The Midwich Cuckoos, 1957).

Locandina del film

Il film mescola il tema dei bambini diabolici o alieni con quello del terrore suscitato dal dominio occulto, anche sul corpo e sulla sessualità, esercitato da un nemico invisibile e potente. Lo stile freddo e controllato della messinscena (in un essenziale bianco e nero) e l’ottima recitazione degli interpreti (tra cui spicca quella del grande George Sanders, ne fa ancor oggi un film da non perdere, uno migliori dell’epoca della guerra fredda sugli “alieni che vivono tra noi”.

La mancanza di effetti speciali particolari e di spiegazioni pseudoscientifiche ne aumenta la carica di mistero e di tensione, grazie anche all’aspetto inquietante dei bambini, presentati come una caricatura del mito della razza ariana. Agli albori degli anni 60, ne “Il villaggio dei dannati” si manifesta anche la paura del dominio di un potere oscuro, di cui sono ignote le intenzioni, tema di grande interesse per la controcultura giovanile dell’epoca. Infatti, il comportamento dei bambini, che agiscono come un’unica entità sotto la guida di una mente aliena, può essere visto come una metafora del conformismo di massa del mondo contemporaneo. L’unica soluzione la può dare solo l’individuo (il protagonista adulto Gordon), che pensa e agisce in modo imprevedibile e combatte sempre per la sua libertà.

George Sanders con alcuni bambini in una scena

Wolff Rilla con il “Il villaggio dei dannati”, nonostante il basso budget a disposizione, grazie alla sua maestria ed alla sua inventiva, realizza un’opera che entra nella storia del cinema, ancor oggi un film da non perdere.

 

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