Rai: “Il sindaco del rione Sanità”

Redazione

Nella cornice del NEST – Napoli Est Teatro di San Giovanni a Teduccio, spazio nato per portare un’oasi di cultura all’interno di uno dei quartieri più difficili di Napoli, Mario Martone aveva per la prima volta diretto un’opera del geniale drammaturgo napoletano Eduardo De Filippo: “Il sindaco del rione Sanità”. Con alle spalle il successo di questo primo lavoro, il regista di “Morte di un matematico napoletano” decise di trasporre al cinema la sceneggiatura di Eduardo, lasciando il cast teatrale pressocché invariato: nel ruolo del protagonista Antonio Barracano, c’era Francesco Di Leva. Presentato in anteprima al Festival del cinema di Venezia 2019, il film ebbe una calorosa accoglienza, e ricevette numerosi premi, tra cui il Leoncino d’oro. Al successo critico seguì anche un ottimo riscontro di pubblico: programmato inizialmente per soli 3 giorni nelle sale, grazie al suo successo si vide prolungata la finestra di distribuzione.

Il film di Martone è molto fedele all’opera di Eduardo, per quanto la modernizzi. Il cambiamento più netto è nella figura del protagonista. Il Barracano di Di Leva è più giovane, più robusto fisicamente, e la sua prestanza fisica è fondamentale nell’interpretazione. Questo permette all’attore di avere una presenza carismatica sulla scena, perdendo però un po’ della saggezza che Eduardo incarnava. La storia del “sindaco” del rione Sanità è riproposta quasi senza cambiamenti, aggiornandola un minimo dal punto di vista lessicale. Barracano è un uomo che fa da arbitro nelle dispute tra malavitosi del rione e cerca di intervenire e portare giustizia dove la legge e lo Stato non riescono. Il suo concetto di giustizia è personale quanto rigido, ed egli lo applica con severità. Di Leva riesce a rendere bene questo aspetto della personalità del suo personaggio. Accanto a lui è Massimiliano Gallo, altro grande attore napoletano che interpreta nell’opera Arturo Santaniello. Il film è molto buono, grazie anche alla indiscutibile qualità del materiale di partenza. L’unico problema (ma è un problema di quasi tutti gli adattamenti di opere destinate al teatro) è forse proprio la poca capacità della pellicola di svincolarsi dalla natura teatrale della sceneggiatura, ingessando forse troppo la scena, in un medium (il cinema) che fa invece proprio del movimento la sua ragion d’essere. Nonostante questo, però, il film intrattiene e soprattutto riesce nel difficile compito di attualizzare e riproporre la forza della riflessione di Eduardo ai giorni nostri.

Angelo Matteo

 

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