Napoli, anni 70. All’ombra del Vesuvio e del tanto discusso ex Italsider, si consuma la storia di Vincenzina. Una storia intrisa di orgoglio, coraggio, forza. Maria Rosaria Selo, scrittrice e sceneggiatrice partenopea, ha presentato ieri presso la libreria napoletana Iocisto, la sua nuova opera: “Vincenzina lo sa”.
Il coraggio e la forza delle donne. Può considerarsi questo il tema portante del suo ultimo libro?
“Assolutamente sì. Le donne sono capaci di coraggio e forza di trasformazione, così come la protagonista Vincenzina. Si tratta di una ragazza dotata di grandi valori morali e spirito di sacrificio per la propria famiglia. Prende le redini in mano alla morte del papà e diventa non solo capofamiglia, ma subisce una repentina quanto necessaria trasformazione. Abbandona pertanto gli studi, per andare a lavorare nel luogo dove il papà si è letteralmente consumato, l’Italsider di Bagnoli”.

Donne che aiutano le donne. Alla fine del racconto la protagonista troverà una seconda famiglia proprio nelle colleghe.
“L’amore tra donne è uno dei temi più forti da raccontare, e qui ce n’è tanto. Vincenzina dopo la solitudine che si trova ad affrontare in famiglia e la spada di Damocle che pende su di lei nell’andare a lavorare ogni giorno in quell’acciaieria, troverà proprio lì, grazie alle sue colleghe, una seconda casa e una seconda famiglia. Del resto è un po’ il leitmotiv dei miei romanzi: dal buio alla luce”.
In questo caso dal buio alla luce e dalla solitudine alla forza dell’amicizia?
“Esattamente. Vincenzina non avrebbe potuto vincere la sua battaglia personale, lavorativa e familiare, senza il loro supporto. Pertanto passa da una condizione di solitudine e disperazione, ad una di rinnovata forza grazie alle donne che lavorano con lei”.
Come mai ha deciso di raccontare dell’Italsider?
“Noi scrittori abbiamo il dovere e la responsabilità di narrare tutto ciò che, nel bene o nel male, ha segnato un’epoca. E la piaga del nostro territorio, il cadavere mai sepolto dell’ex Italsaider, che dava il pane a tanti ma che ha fatto trovare loro talvolta anche la morte, non poteva non essere narrata”.