Silvio Orlando in scena al Nuovo

Anita B.Monti

Silvio Orlando sarà in scena dal 13 al 16 ottobre 2022 al Nuovo Teatro Nuovo di Napoli, accompagnato dall’Orchestra Terra Madre, per raccontare la storia di Momò, il bimbo protagonista del romanzo La vita davanti a sè di Romain Gary (pseudonimo di Emile Ajar).

Nel monologo, l’attore si cala nei panni del piccolo arabo e di Madame Rosa, anziana ex prostituta ebrea che ora sbarca il lunario prendendosi cura degli “incidenti sul lavoro” delle colleghe più giovani. per narrare una storia che anticipa i temi dei nostri tempi. Testo in cui la commozione e il divertimento s’inseguono senza respiro.

La grandezza di questi scrittori (sono tanti, pensiamo solo a Orwell) una volta definiti profetici, oggi detti invece distopici, perché quasi sempre anticipano tempi peggiori, affascinano il lettore e, in questo caso lo spettatore.

Il genio di Gary ha anticipato, il tema dei temi contemporaneo: la convivenza tra culture, religioni e stili di vita diversi. Il mondo ci appare improvvisamente piccolo, claustrofobico, in deficit di ossigeno. I flussi migratori s’innestano su una crisi economica che soprattutto in Europa sembra diventata strutturale creando nuove e antiche paure, soprattutto nei ceti popolari, i meno garantiti.

Se questo è il quadro quale funzione può e deve avere il teatro? “Non certo indicare vie e soluzioni che a oggi nessuno è in grado di fornire, ma una volta di più raccontare storie emozionanti commoventi divertenti, chiamare per nome individui che ci appaiono massa indistinta e angosciante”.

Una scena dello spettacolo (foto di Gianni Biccari)

 

Le ultime parole del romanzo senza voler essere un consiglio o una soluzione, mettono il dito nella piaga: in questi anni, in cui la compassione rischia di diventare un lusso per pochi “Bisogna voler bene”. Un sentimento quasi dimenticato.

L’Orchestra Terra Madre è composta da Simone Campa (chitarra battente, percussioni) che cura anche la direzione musicale, Maurizio Pala (fisarmonica), Kaw Sissoko Kora (Djembe), Marco Tardito (clarinetto, sax); le scene sono di Roberto Crea, il disegno luci di Valerio Peroni, i costumi di Piera Mura.

Le ultime parole del romanzo di Garay dovrebbero essere uno slogan e una bussola in questi anni dove la compassione rischia di diventare un lusso per pochi: Bisogna voler bene.

 

 

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