Preceduta da inutili polemiche su un presunto sessismo inesistente (nel paese dei femminicidi si fa un film su un pornodivo, la tesi grottesca) e accompagnata da pruriginosi interessi sulle virtù di Alessandro Borghi (non recitative), Supersex si è rivelata una serie tv italiana di successo su Netflix. Disponibile da marzo scorso sulla piattaforma, è un ritratto completamente a nudo, ma senza facili ironie, del pornoattore italiano Rocco Siffredi, l’interprete maschile più famoso d’Oltralpe dopo Marcello Mastroianni, a detta dei francesi.
SUPERSEX, IL SUPEREROE DEL SESSO
Ogni mito della creazione ha bisogno del male o di un cattivo della situazione, e allo stesso tempo di una condizione di svantaggio da cui emergere. La vita di Rocco Siffredi inizia nella provincia povera del Centro – Sud Italia, a Ortona in Abruzzo, tra disagi economici e sociali e la sofferenza della malattia in famiglia. Prosegue a Parigi, dove il giovanissimo eroe comincia a prendere finalmente consapevolezza del suo talento e del suo potenziale sconfinato. Nonché le misure delle sue doti tra le lenzuola, letteralmente, fin dal primo rapporto sessuale. Come ogni supereroe che si rispetti, è un evento doloroso a spingerlo verso l’esplorazione della sua personale dinamite. L’interesse per l’altro sesso è sicuramente precoce, ma la caduta ai suoi piedi del mitico fumetto del titolo è la molla della sua trasformazione.
L’antagonista della storia è il fratellastro adottivo Tommaso Tano, venerato come un dio dal giovane Siffredi prima dell’allontanamento inevitabile. Distacco che tocca anche la compagna Lucia, interpretata dalla sempre brava Jasmine Trinca, dolente prostituta italiana trapiantata a Parigi tra i connazionali, al suo quarto lavoro con Alessandro Borghi, stavolta sul piccolo schermo. Avevano già recitato insieme in Fortunata, Sulla mia pelle e in Supereroi, e l’alchimia perfetta tra i due si ripete anche in questo prodotto televisivo. Adriano Giannini è l’interprete del fratellastro prima amato e poi odiato, che da giovane ha lo sguardo determinato del casertano Francesco Pellegrino, visto ne La Santa Piccola.
ALESSANDRO BORGHI, UN ROCCO BIGGER THAN LIFE
La vicenda di Siffredi è sicuramente ascrivibile a quello che gli americani definiscono bigger than life, più grande della vita stessa. Pioniere nel settore dell’industria del porno italiano, il Rocco di Borghi attraversa una vita densa e piena di avvenimenti, ovviamente non solo per il numero di donne incontrate e intercettate sui set e nella vita.
Colpisce in questa serie diretta da Matteo Rovere, Francesco Carrozzini e Francesca Mazzoleni l’incipit: un amplesso mostrato al pubblico prima di un talk in cui annunciare il suo ritiro dalle scene. Troppo animalesco e violento, come rimproverato dallo stesso Siffredi, non del tutto convinto di questo aspetto della rappresentazione operata da Borghi. Il quale non ha mancato però di sottolineare come questa versione fosse la chiave di lettura dell’evoluzione del personaggio.
In fondo si tratta pur sempre di una storia di formazione in cui il protagonista, al netto delle eccellenti arti amatorie, difetta proprio nell’amore. La sua prima volta e storia sentimentale è un disastro, ugualmente la donna di cui inizialmente sembra innamorarsi a metà serie. Sarà solo il terzo incontro, maturato al “lavoro”, che gli farà mettere un po’ più di cuore nella sua vita, l’organo che sicuramente faceva più fatica di tutti in un corpo scolpito e dai ritmi riproduttivi incessanti. Coraggioso come sempre, Borghi lavora di introspezione senza ricalcare troppo o imitare il maestro dell’hardcore, bensì rendendolo umano. Senza rinunciare all’inconfondibile ghigno.