“Vite vendute”: quando il cinema è provocazione e suspense

Alberto Tuzzi

Vite vendute. America Centrale, 1951. In uno sperduto villaggio martoriato dalla miseria e dalle malattie, quattro uomini senza passato vivono un’esistenza disperata: i francesi Mario (Ives Montand) e Jo (Charles Vanel), l’italiano Luigi (Folco Lulli) e il tedesco Bimba (Peter Van Eyck).  Una compagnia petrolifera americana ingaggia i quattro per trasportare, a centinaia di chilometri di distanza, un pericolosissimo carico di nitroglicerina, destinato a domare un incendio scoppiato in un pozzo di petrolio.

Dopo aver sostenuto sforzi disumani, l’epilogo per i protagonisti è tragico. Henri-Georges Clouzot realizza con “Vite vendute” (Le Salaire De La Peur, FRA/ITA, 1953) un’opera in cui mostra tutto il suo spirito anarcoide e disilluso, che guarda l’umanità in modo spietato.

Locandina del film “Vite vendute”

Clouzot e Jérôme Géronimi scrivono la sceneggiatura del film, traendo spunto dal romanzo di Georges Arnaud “Il salario della paura” (1950), a suo tempo passato quasi inosservato, e il regista ne ricava un film eccezionale, insignito dell’Orso d’oro al Festival di Berlino e della Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1953. Il regista nella sua opera, tesa fino allo spasimo e dal ritmo serrato, costruisce una suspense difficile da imitare, mescolando perfettamente le tipologie del noir, del road movie e del film d’azione.

“Vite vendute”, oltre a essere un’opera in cui l’adrenalina scorre a fiumi, è anche un film politico, con i suoi anti-eroi protagonisti, bruciati da fiamme più alte e più vivide di quello del pozzo petrolifero: quelle degli interessi di un capitalismo avido e feroce, per il quale tutto ha un prezzo, anche la vita di ognuno di noi, che sfrutta diseredati e miserabili per i lavori più pericolosi e, si può aggiungere con la sensibilità di oggi, devasta senza pietà la natura.

La stessa ambientazione del film – l’America centrale – non mostra niente di esotico e solare ma rappresenta invece un inferno cocente, perfettamente immobile, una lugubre prigione a cielo aperto, dove disperati di ogni tipo, come i protagonisti del film, ricercano guadagni facili o una possibilità di fuga. Grazie anche a un quartetto di attori in forma smagliante, come Charles Vanel, Folco Lulli, Peter van Eyck e Yves Montand, di cui il film rilancia la carriera, Clouzot delinea abilmente il profilo di ognuno dei personaggi principali, raggiungendo un perfetto punto di equilibrio tra fluidità del racconto e profondità delle psicologie.

“Vite vendute”, un’immagine 

Da ricordare anche la splendida fotografia di Armand Thirard, in particolare per le immagini della foresta tropicale e dell’incendio del pozzo di petrolio, impressionanti e indimenticabili.

Henri-Georges Clouzot, con “Vite vendute”, realizza forse il suo film più importante, un vero e proprio gioiello del cinema francese e mondiale che, a più di sessant’anni dalla sua realizzazione, mostra ancora tutta la sua potenza espressiva, visionaria e narrativa.

 

 

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