Emma Dante mette in scena l’avidità

Diletta Capissi

Si va a teatro anche per stupirsi e per incontrare quelle emozioni che solo uno spettacolo originale – costruito in tutti i dettagli della macchina drammaturgica – può dare allo spettatore. Dai personaggi alla scenografia, dai costumi alle musiche, dalle luci ai movimenti sincronici di corpi maschili e femminili sul palcoscenico. Diventa tutto un complesso congegno ben oleato che coinvolge e attanaglia. Non delude così Emma Dante con il suo stupefacente Re Chicchinella al Teatro San Ferdinando di Napoli fino al 10 novembre. Adattato da una fiaba de “Lo cunto de li cunti” ovvero Lo trattenemiento de peccerelle, meravigliosa raccolta di novelle in lingua napoletana che Giambattista Basile creò nel 1634. E dopo La Scortecata e Pupo di zucchero, l’eclettica regista siciliana conclude la trilogia ispirata appunto a Lo cunto de li cunti di Basile.

Rimbalzano in maniera animata i sentimenti di avidità e ipocrisia dei familiari e dei sudditi che circondano il sovrano malato, che si sente solo e senza speranze. Si aggrovigliano i plastici corpi grotteschi ma flessuosi in movimento, che volteggiano, si rincorrono con i precisi movimenti di bravi attori e attrici, ma sempre lievi e allenati al suono della bella musica che li accompagna, come in un’operetta lirica o in uno spettacolo danzante.

Carmine Maringola è Re Chicchilella

LA VICENDA

E’ la storia di un sovrano malato, circondato da una famiglia che gli sta intorno esclusivamente per interesse: ricevere un uovo d’oro al giorno. Eh già, perché il re, dando sfogo ad un improvviso bisogno corporale, poi non sa come pulirsi le terga e utilizza un pennuto, che crede morto. Ma questo si attacca al didietro e risale su per le viscere, e come un verme solitario divora tutto quello che il re mangia, facendogli espellere uova d’oro.

Nell’interpretazione del re, uno straordinario Carmine Maringola, che si attorciglia e si contorce in modo disperato e che, stremato dall’evidente disagio, decide di lasciarsi morire di fame. Tutti si muovono attorno a lui come la ruota di pennuto che indossa e non serve neanche il nudo corpo per convincere la sua corte a lasciarlo andare incontro alla morte. Pur di liberarsi della gallina che lo consuma ogni volta che mangia. Ma l’avidità della corte e della famiglia di non privarsi di quelle uova d’oro, è superiore a tutto.

Insomma, una immaginifica rappresentazione di Emma Dante, che costruisce come sempre con grandissima abilità, la messinscena e con altrettanta maestria racconta in modo così visionario quella profondità dell’animo umano, attraverso il gioco e l’ornamento della poesia barocca.

Re Chicchinella. La corte (ph©MasiarPasquali)

EMMA DANTE

Spiega Emma Dante: «L’animale vive e si nutre dentro di lui, divorando lentamente le sue viscere, fino a quando il re non scopre che per il mondo lui e la gallina sono la stessa cosa. Dopo tredici giorni d’inedia, Re Carlo III d’Angiò, re di Sicilia e di Napoli, principe di Giugliano, conte d’Orleans, visconte d’Avignon e di Forcalquier, principe di Portici Bellavista, re d’Albania, principe di Valenzia e re titolare di Costantinopoli, entra nella sua nuova esistenza e, appollaiato sul trono, riceve il plauso di tutta la Corte».

Bravissimi tutti gli interpreti: Angelica Bifano, Viola Carinci, Davide Celona, Roberto Galbo, , Enrico Lodovisi, Yannick Lomboto, Carmine Maringola, Davide Mazzella, Simone Mazzella, Annamaria Palomba, Samuel Salamone, Stephanie Taillandier, Marta Zollet.

 

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