Antonietta De Lillo appartiene a quell’onda di registi (Martone, Capuano) che tra fine anni ’80 e inizio anni ’90 ha riportato Napoli al centro del panorama cinematografico italiano, spianando di fatto la strada, con questa rinnovata attenzione sul capoluogo partenopeo, anche al Paolo Sorrentino dei primi anni 2000.
Al Festival di Venezia era già stata altre volte, come fotografa a inizio carriera e per il suo film più famoso e importante, ma tornarci quest’anno con un autoritratto sarà stata un’emozione non indifferente: L’Occhio della Gallina è passato alle Giornate degli Autori – Notti Veneziane in Laguna ed è un bel film autobiografico.
ANTONIETTA DE LILLO E IL SUO CINEMA D’AUTORE
Classe 1960, la De Lillo negli anni ha conservato la stessa curiosità degli esordi, una perseveranza non indifferente e la tenacia che le ha permesso di esistere e di resistere nel Cinema Italiano. Da appassionata di immagini fin da piccola, aveva scelto prima la fotografia come campo di lavoro, per poi passare alla Settima Arte dopo l’incontro con Giorgio Magliulo, con cui avrebbe girato il suo primo film, Una casa in bilico. I ricordi dei suoi debutti emergono da foto sfogliate su album di famiglia, dalle immagini proiettate in una sala posa dove svolazza ogni tanto la gallina del titolo, e dalle interviste della troupe insieme alle figlie.
IL RESTO DI NIENTE
Il racconto arriva così al punto cruciale della sua storia personale e lavorativa, al film che l’ha consacrata, e non senza spine: Il Resto di Niente, tratto dall’omonimo romanzo di Enzo Striano. La Rivoluzione Partenopea del 1799 e la Repubblica filofrancese che scaturì da quell’evento storico le fecero intercettare la sua futura protagonista: Maria de Medeiros, portoghese come la Eleonora de Fonseca Pimentel del film e reduce anche lei da un film sulla rivoluzione dei garofani nel paese lusitano.
Il film si rivelò un successo di critica, complice il passaggio fuori concorso al Festival di Venezia nel 2004, raccogliendo premi come i Nastri d’argento, David di Donatello, Ciak D’oro e Globi d’oro. La strada verso un potenziale ingresso nella lista dei film italiani in corsa per l’Oscar era a un palmo di mano, ma Antonietta fu costretta a ritirarsi.
L’ISTITUTO LUCE
Delle 40 copie che dovevano essere distribuite, solo 20 arrivarono davvero in sala, ragion per cui Il Resto di Niente venne facilmente etichettato come “bello & invisibile” dal circuito d’essai. Veniva naturale scagliarsi contro una cattiva, anzi pessima distribuzione ad opera dell’Istituto Luce. Il quale ebbe la buona idea di citare per diffamazione la regista napoletana, chiedendole 250mila euro di risarcimento danni. Fortunatamente per la De Lillo la questione si è chiusa dopo 10 anni senza dover rispondere economicamente alle richieste grottesche del Luce, ma per la sua carriera il colpo di questa tentata censura giudiziaria (a detta dei colleghi solidali con lei) è stato forte.
MARECHIAROFILM, OIDA E MORTA DI SOAP
Decisa a riprendersi, la De Lillo ha fondato una sua casa di produzione, la Marechiarofilm, che ha avuto anche il pregio di realizzare un documentario su Alda Merini (La Pazza della Porta Accanto) e un film partecipato, primo esperimento in Italia di crowdsourcing: OIDA, acronimo di Oggi insieme, domani anche – Frammenti d’amore, raccontato anni fa sul nostro webmagazine.
Ma al primo tentativo di chiedere il contributo del Ministero della Cultura per un film tratto dal libro di Adele Pandolfi Morta di Soap (ispirato all’uscita di scena della Pandolfi dalla fiction UPAS, Un Posto al Sole, dove era Rita, la moglie del portiere di Palazzo Palladini Raffaele, uccisa dalla Camorra), si è vista chiudere le porte dai più; e attualmente, dopo 14 anni, la pellicola aspetta ancora di vedere la luce.
Ma la resilienza di Antonietta, da sempre controcorrente, fa ben sperare. Come l’occhio della gallina che si chiude al contrario, e per citare un noto proverbio napoletano, ovvero “storta va, dritta viene”, è nelle avversità che si affilano le armi migliori e di frecce culturali al proprio arco la De Lillo ne ha parecchie.