House of the dragon, la seconda stagione

Renato Aiello

Avevamo tutti lasciato la capitale dei Sette Regni Approdo del Re e la casata regnante Targaryen, ormai divisa al suo interno, nel bellissimo finale della prima stagione di House of the dragon, col fiato sospeso, al culmine di un viaggio nel tempo che aveva visto crescere e invecchiare i suoi protagonisti. Dopo due anni di attesa, a giugno scorso è tornata sulla pay tv Sky e sull’on demand Now tv la seconda stagione dello spin-off del Trono di Spade, che ha rallentato non solo i ritmi, ma soprattutto ha tirato il freno della suspense.

IL FINALE DELLA PRIMA STAGIONE DI HOUSE OF THE DRAGON

House of the Dragon

Quello che si stava consumando nell’ultima puntata di House of the Dragon nel 2022 era un vero e proprio colpo di Stato, un golpe fantasy in piena regola. Sulle immancabili e superbe note al pianoforte di Ramin Djawadi, compositore di tutte le 8 stagioni di Game of Thrones e anche di questa serie tv gemella del Trono a partire dall’iconica sigla, nella Fortezza Rossa andava in scena lo scacco matto (presunto) alla principessa designata dal defunto re come futura erede di casa Targaryen, attraverso l’installazione di Aegon, primogenito del monarca, figlio di secondo letto e perciò fratellastro di Rhaenyra. La sua salita al trono in un atmosfera cupa, dalla fotografia virata sui grigi e sulle ombre del complotto, terminava con una spettacolare fuga su drago e con la morte tra cielo e mare di uno degli eredi più giovani della casa del drago nel titolo.

Si riparte dalle conseguenze di quella cospirazione, con la vendetta nello stile “del taglione”: occhio per occhio, dente per dente, un figlio per un figlio. Peccato che a farci le spese non sarà nessun fratellastro folle di Rhaenyra, bensì un innocente: uno dei pargoli di re Aegon, decapitato nel sonno sotto gli occhi della madre e poi offerto, mediaticamente parlando, a quelli del popolo in un corteo funebre che, a detta degli autori dello show, doveva ricordare il funerale di Lady D.

AZIONE LENTA E ARITMIE NEL RACCONTO

Fin qui tutto bene, ma latita l’azione nel secondo capitolo di questa nuova trilogia del drago, e l’indecisione di Rhaenyra, quasi prigioniera a Rocca del Drago dei suoi consiglieri, ricorda la stessa di Danerys Targaryen nella penultima stagione dei Troni. La lentezza e il senso di impotenza sembrano risolversi finalmente col primo attacco spettacolare a un castello e sul campo di battaglia con due dei più grandi draghi della famiglia Targaryen. A farne le spese non sarà solo la Regina che non fu mai, la principessa Rhaenys zia di Rhaenyra (sempre brava Eve Best, attrice vista di recente anche nella stagione finale di The Crown), ma anche re Aegon.

Il fratricidio è dietro l’angolo se si tratta di fuoco di drago amico, e a compierlo è proprio il fratello più ambizioso e psicopatico di tutti: Aemond, futuro reggente in assenza del re ustionato. Ed è qui, dopo il primo climax narrativo raggiunto, che l’attenzione cala nuovamente, tra la depressione della regina madre Alicent, pentita di aver spinto e favorito l’ascesa del figlio alla Corona di Westeros – un sovrano ormai in fin di vita -, e i tormenti onirici e allucinati di Daemon nella rovina stregata di Harrenhal, preda di visioni e cambi d’umore che fanno presagire nuove lotte intestine in seno a ogni fazione.

Non basta l’emozionante “ingaggio” dei nuovi cavalieri di draghi per la “squadra” di Rhaenyra sulle spiagge del regno e nelle caverne sotterranee di Dragonstone, ovvero quei figli illegittimi nati nei bordelli dai membri della dinastia dediti alla lussuria e al vizio tra le vie del piacere. Gli showrunner si sono presi tutta la comodità possibile per non mettere altra carne a cuocere, rimandando tutti alla terza stagione, con un finale stavolta monco e inconcludente che ha lasciato non pochi insoddisfatti, e a ben ragione.

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