Domenico Cirillo, epopea del rivoluzionario

Renato Aiello

Si dice sempre che il tempo sia galantuomo e che restituisca il giusto onore e merito a chi è passato nella Storia, lasciando un segno, seppur non compreso. Questa sorte è toccata anche a Domenico Cirillo, medico, patologo, entomologo, botanico e museologo, prima ancora di essere un politico.

La sua figura straordinaria, carismatica e ante litteram è stata riportata all’attenzione del pubblico grazie all’associazione culturale NarteA. Domenico Cirillo, il pensiero rivoluzionario è infatti il titolo della visita teatralizzata andata in scena a Palazzo Serra di Cassano il 28 ottobre scorso in due turni con la guida Matteo Borriello, storico dell’arte e dottore di ricerca, a ridosso dell’anniversario dell’impiccagione di Cirillo a Piazza Mercato.

Il 29 ottobre del 1799, infatti, lo scienziato napoletano, nativo di Grumo Nevano, fu giustiziato come molti altri rivoluzionari o semplici partecipi della Repubblica – spalleggiata dai francesi – che aveva rovesciato la monarchia borbonica a Napoli. NarteA ha dedicato il primo evento della sua nuova stagione a Marco Venezia, fotografo di scena scomparso di recente.

Nelle sale dello splendido Palazzo dei Serra di Cassano, vero gioiello architettonico sulla collina di Pizzofalcone tra via Egiziaca e via Monte di Dio, già sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, hanno rivissuto così le vicende di Domenico Cirillo (interpretato dall’attore Mario Di Fonzo); e di Lady Hamilton e Orazio Nelson (rispettivamente Mariachiara Falcone e Mario Autore, quest’ultimo già visto come Eduardo nel film sui De Filippo diretto da Rubini). Costumi di Antonietta Rendina.

I testi di Febo Quercia, direttore artistico di NarteA, hanno riacceso una luce sul destino di Domenico Cirillo, ormai segnato in quel penultimo anno del turbolento XVIII secolo. La sua colpa? Aver preso parte all’esperimento politico della Repubblica Napoletana, seppur inizialmente con riluttanza e quasi suo malgrado.

Dai dialoghi scritti da Quercia emerge un uomo sicuramente fedele agli ideali di libertà ed eguaglianza di ispirazione francese, e senza dubbio di stampo illuministico. Basti pensare ai temi dei diritti umani in carcere (Beccaria docet), della cura del malato e dell’assistenza medica capillare sul territorio. Una sorta di welfare state precursore dei tempi.

Ma allo stesso tempo vengono fuori le sue distanze dal giacobinismo più estremo: un philosophe critico e attento.

Saltano fuori, nei discorsi inscenati col monaco giunto in cella a confessarlo invano (l’attore Pietro Juliano), anche tutte le contraddizioni del potere temporale della Chiesa. E del suo silenzio – complice – davanti ai misfatti borbonici e alla rappresaglia feroce e vendicativa contro i reduci repubblicani.

Domenico Cirillo è un martire laico che nel cognome ricorda l’omonimo vescovo di Alessandria d’Egitto, il quale però più di mille anni prima aveva mandato a morire una scienziata, lui sì, la famosa astronoma Ipazia. Anche lei in anticipo sui tempi con le teorie eliocentriche recuperate solo secoli dopo da Copernico e Keplero.

La vendetta perpetrata ai danni della memoria di Domenico Cirillo, con la distruzione dei suoi lavori e dei suoi libri, rievoca tragicamente il rogo dei papiri della Biblioteca d’Alessandria, autorizzato proprio dai seguaci cristiani fanatici del già citato vescovo alessandrino.

E forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”, pare siano state le ultime parole di un’altra vittima eccellente dell’esperienza repubblicana, Donna Eleonora De Fonseca Pimentel.

Profetiche e sempre attuali, se si pensa ai recentissimi orrori del conflitto a Gaza e alle fake news sulle vittime degli attacchi russi agli ospedali in Ucraina.

Del resto Domenico Cirillo fu anche lui vittima di una fake news, con quella lettera supplica a Re Ferdinando, forse mai davvero inviata alla Hamilton e al maresciallo Nelson. E la prima a morire in ogni guerra, si sa, è proprio la verità.

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