L’appartamento 2B e il disagio di vivere dei millennial

Renato Aiello

Spesso il male di vivere ho incontrato”, recita una famosa poesia di Eugenio Montale. Se il grande poeta italiano premio Nobel per la letteratura vivesse oggi, e se potesse osservare la condizione dei giovani attuali, forse parlerebbe a ben ragione del disagio di vivere.

Il disagio dei millennial, i giovani non più giovani, nati negli anni ’80 e ’90, che hanno già attraversato in soli 30-40 anni guerre al terrorismo, pandemie, recessioni e crisi economiche.

Al Teatro Nuovo di Napoli sull’argomento si è espressa la Compagnia Teatrale Cercamond con L’appartamento 2B, andato in scena il 28 e 29 ottobre scorsi.

Vincitore del Premio Leo de Berardinis 2022 e del Mario Fratti Award 2022, lo spettacolo vede alternarsi sul palco Andrea Cioffi (che l’ha scritto e diretto), Vincenzo Castellone, Sara Guardascione, Fortuna Liguori e il performer Ciro Grimaldi nel ruolo “funambolico” della Visione.

Il 2B potrebbe far venire in mente i classici appartamenti americani ordinati numericamente per piano, in stile Friends, Will & Grace, Big Bang Theory o Sex and the City.

Eppure aleggia un senso di solitudine più affine alle atmosfere pirandelliane di Nell’albergo è morto un tale. Del resto il gioco fonetico del 2B, letto in inglese con quel TwoB che suona come il To be or not to be di shakespeariana memoria, evoca subito amletici e tristi presagi.

Il nome stesso del protagonista Aimo sembra una storpiatura dell’esclamazione ahimè, rassegnata e densa di rimpianto.

I trentenni di oggi sono insoddisfatti, precari e sfruttati: svolgono lavori sottopagati che non amano, per i quali hanno studiato e si sono laureati anche tardi.

Non è un paese per giovani, titolano spesso i media del Belpaese, e lo si capiva già al cinema nel discorso feroce della Cortellesi alla madre pensionata in Figli.

Per di più sono vessati da genitori e parenti con le domande degne di un meme di Sapore di Male, la seguitissima pagina Facebok e Instagram di satira: Quando ti laurei? Quando ti sposi? Convivete? E quando andate a vivere insieme? E il primo figlio quando arriva?

Aimo, infelice del suo impiego e della relazione con la fidanzata, deve fare i conti anche con le ansie materne. Un concentrato di apprensione e messaggi passivo aggressivi, che mal cela il bisogno d’affetto e le carenze di un genitore vedovo, separato, e perciò solo.

La drammaturgia è un ping pong di vocali molesti di chi sembra connesso col mondo intero, ma è perso nel caos asettico dei social; e delle sveglie dei farmaci che la vicina deve somministrare ai genitori anziani, con cui vive ancora. Disoccupata, disadattata e depressa forse ancor più di lui, le tre D del disagio giovanile.

Alle nevrosi di Aimo si aggiungono poi quelle improvvise di un ospite inatteso, capitato per sbaglio alla sua porta dopo qualche click di troppo sulla app gay di incontro Grindr.

Un circo grottesco dove inevitabilmente fa capolino la Visione, un funambolo che sembra quasi l’allegoria della depressione strisciante di Aimo. O la controparte, beffardamente ironica, della Morte nella partita a scacchi del Settimo Sigillo di Bergman.

Alla scrittura del giovane Cioffi va dato il merito di squarciare il velo di Maya sul disagio dei millennial italiani, definiti bamboccioni e fannulloni nel corso degli anni. Il suo appartamento non è quello dell’alienato impiegato Jack Lemmon nell’omonimo film di Billy Wilder.

Qui non c’è lieto fine, anche se le risate non mancano grazie al personaggio gay e alla sudamericana invadente. Il sesso poi è diventato un surrogato per questa generazione, confinato nell’autoerotismo davanti a un sito porno, e cullato dalla scritta tagliata dell’Hotel di fronte. Un “HOT” che spegne persino le sue luci alla fine.

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