Lina Sastri

Angela Matassa

Al secondo anno di rappresentazioni, dopo 180 tappe in tutt’Italia, torna a Napoli all’Augusteo dal 23 ottobre, Filumena Maturano di Eduardo, con Lina sastri, Luca De Filippo diretti da Francesco Rosi.

Lina, come senti oggi la parte?

“Quando interpreto un personaggio cerco di non entrare in un clichè, soprattutto se lo spettacolo ha molte repliche. Personalmente non amo ripetermi, però fondamentalmente non è cambiata. Na-turalmente ho un’esperienza maggiore e anche un maggiore distacco”.

Che vuoi dire?

“L’anno scorso c’era l’ansia del debutto all’Argentina a Roma e poi la paura del primo confronto con il pubblico napoletano, che sono stati duri banchi di prova. Ogni sera lo è, per carità, è il bello del teatro, ma allora avevo mille  domande nei confronti di Filumena, che avevo interpretato solo nei miei recital, ne conoscevo bene i monologhi piuttosto che la psicologia, le luci, le ombre. Diverso è vivere la messinscena dell’intera  commedia. E’ importante che ci siano gli altri, che ci sia Luca, che ci sia una regia precisa come quella di Francesco Rosi, più razionale e più etica, che rispetto totalmente con umiltà ed onestà. Ci metto del mio, è logico, ma cercherò di stare totalmente nella parte com’è stata scritta”.

Eduardo la definiva una commedia sociale e puntava molto sulla famiglia. C’è dell’attualità in questo?

“Più che nella questione sociale, in parte superata, certamente si tratta di un testo attualissimo. Quello della famiglia è un valore che si sta perdendo, i giovani oggi sono sbandati e soli, le mamme lavorano, spesso i genitori si separano. E’ dunque importante insistere. C’è poi il  rapporto maschio-femmina, anche se Filumena è una donna particolare perché accetta l’idea che l’uomo ama in maniera diversa, superficiale, infantile. Lei fa di Domenico Soriano un adulto, affrontandolo con le sue stesse armi. Usa l’inganno, la finzione per raggiungere l’obiettivo, che non è esclusivamente quello di madre, ma anche quello di donna, carica di dolore e di amarezza”.

In “Baaria” di Tornatore interpreti un doppio ruolo: una contadina poverissima e una vecchia mendicante. Come hai vissuto la delusione a Venezia?

“Il film è molto bello e poetico, coraggioso, onesto, una storia finalmente non minimalista sul nostro Paese. Ha pagato lo scotto dei Festival, dove le critiche e i pareri sono sempre discordi. Invece, il pubblico ci sta premiando, accogliendo la pellicola col massimo entusiasmo. Inoltre,  rappresenterà l’Italia agli Oscar, in bocca al lupo a Peppuccio Tornatore. Io sono contentissima, ci siamo rincorsi per vent’anni, finalmente ci siamo trovati”.

In quali altri progetti si impegnata?

“Il 5 novembre presenterò proprio a Napoli, alla Feltrinelli, l’altra tappa del percorso “Il teatro di Lina” con il nuovo cd “Mese Mariano”, dedicato a Salvatore Di Giacomo. Poi a maggio, riprenderò dal Piccolo Eliseo a Roma, “La casa di Ninetta”, lo spettacolo diretto da Emanuela Giordano su mio testo. E’ un viaggio teatrale dedicato a mia madre, parla di amore, di famiglia, di figli, di vecchiaia e, soprattutto, di solitudine nella vecchiaia. Non c’è musica, io recito e ogni tanto si sente il suo canto meraviglioso”.

E non è finita…

“Infatti, la prossima primavera uscirà un doppio cd con intervista in dvd, prodotto da Rai Trade e sarò nel film musicale di John Turturro, “Neapolitan songs”, in cui canterò “Voce ‘e notte” nell’arrangiamento scritto per me da Ennio Morricone”.

“La casa di Ninetta” è anche un libro edito da Marsilio. Come scrittrice sei soddisfatta?

“Si tratta di una piccola cosa, un flusso di coscienza, scritto di getto, piuttosto che un vero testo, però sta andando  bene, come lo spettacolo, e ne sono molto contenta, soprattutto perché chi lo legge dice di sentirsi felice”.

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