L’uomo nell’ombra

Renato Aiello

Vice – l’uomo nell’ombra di Adam Mckay, ovvero il ritratto non convenzionale di Dick Cheney, numero due alla Casa Bianca dell’era Bush junior, è un biopic dallo humour quasi nero, girato e montato con tocco da mockumentary (alterna infatti l’elemento fiction con dati e numeri in sovrimpressione, immagini di repertorio e parti romanzate). È durato pochissimo in sala, nonostante gli attori coinvolti siano abbastanza noti, e avrebbe meritato un’occasione in più da parte degli spettatori. Forse non molti sanno infatti che il vicepresidente di George W. Bush fu il vero artefice della guerra al terrorismo e degli attacchi in Afghanistan e in Iraq (e se avesse potuto avrebbe invaso pure l’Iran in nome del riassetto americano in Medio Oriente). Un’eredità pesante dai cui germi avrebbe successivamente preso forma il sedicente califfato islamico di Al Zarquawi: praticamente mezza geopolitica economica mondiale del primo ventennio del XXI secolo porta la sua firma. Del resto, come insegna la serie tv Game of Thrones, il caos è una scala, un’opportunità, e lui vide proprio questo negli attacchi dell’11 settembre alla tv.

Christian Bale in questa pellicola non è solo protesi, trucco e 20 chili presi per davvero pur di assomigliare al grasso e cardiopatico Cheney. L’ex Batman di Nolan interpreta con precisione quasi chirurgica le emozioni trattenute, i pensieri sotto pelle e gli sguardi famelici di un navigato animale politico, il più potente vicepresidente statunitense che la Storia americana ricordi. In fondo Frank Underwood nella serie HBO House of Cards si esprimeva proprio così in proposito: ci sono vicepresidenti zerbini e toreri. Cheney non ha spodestato dal trono di Washington il suo presidente, eletto per due mandati, ma lo ha condizionato pesantemente, influenzato e diretto con abilità da torero, come fosse un pupazzo al servizio dei suoi interessi economici petroliferi e in nome del rilancio neoconservatore per il nuovo secolo americano.

Amy Adams nel film è la devota moglie dell’inetto Cheney, vera spina dorsale dell’uomo intraprendente che verrà. L’attrice americana finalmente potrebbe vincere un meritato Oscar quest’anno come non protagonista. Sam Rockwell sembra invece aver portato negli occhi del secondo Bush presidente la stessa idiozia del suprematista bianco di Tre manifesti a Ebbing Missouri, personaggio con cui vinse l’Oscar l’anno scorso. Chissà se sarà statuetta anche quest’anno per lui alle prese con briefing e dossier distrattamente seguiti nello Studio Ovale.

 

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